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lunedì 7 dicembre 2020

Cuneo e il suo contributo alle Forze Armate Italiane

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quando si parla della Città di Cuneo sembra che questa sia stata solo una terra partigiana ma la storia ci insegna che non è affatto così. A tal proposito - in questo periodo di zona rossa dovuto al Covid-19 - ho fatto delle ricerche sulla presenza militare nel mio comune e voglio condividerne con voi il frutto.
Molti non sanno che dalle terre Cuneesi molti giovani vennero assegnati alla Divisione Livorno, la stessa Divisione che venne inviata a Gela (Sicilia) alla fine del 1942 per cercare di impedire lo sbarco delle Truppe Anglo-Americane. Purtroppo, però, come sappiamo, le truppe sbarcarono e tra il 10 e 11 luglio 1943 approdarono in Sicilia 160mila uomini, mezzi corazzati, meccanizzati e ricognitori di terra.
La battaglia fu dura e l'inferiorità numerica delle nostre truppe non fu certamente di buon auspicio. Gli invasori ebbero la meglio e la Divisione Livorno ebbe circa 7mila Caduti in soli tre giorni di combattimento. A seguito dell'Armistizio voluto dal Maresciallo Badoglio l'8 settembre 1943 la gloriosa Divisione Livorno fu sciolta.
A Cuneo, però, rimase il 33 Reggimento Fanteria "Livorno" che continuò ad operare ed esistere pur inquadrato in altre realtà. Per la sua presenza ed il suo valore, nel 1997, l'allora Sindaco Elio Rostagno e la sua giunta decisero di dedicare una Lapide commemorativa al Reggimento in Via Sette Assedi (seconda perpendicolare di Via Roma partendo dalla Questura). Su tale Lapide vi è scritto:
A PERENNE MEMORIA 
DELLE MIGLIAIA DI EROICI FANTI E ARTIGLIERI
DELLA BRIGATA E DELLA DIVISIONE "LIVORNO"
DAL 1849 AL 1943
I CUI ULTIMI REGGIMENTI EREDI DI NOBILI TRADIZIONI
33 FANTERIA - 34 FANTERIA - 28 ARTIGLIERIA
UNITAMENTE AI BATTAGLIONI: 4 MORTAI - CONTROCARRO - GENIO
E AD AUTOREPARTI - SERVIZI SANITARI E LOGISTICI
DELLE CASERME "PRIMARO" E "PIAVE" DI FOSSANO
E DA CUNEO DALLE CASERME "CARLO EMANUELE III"
"LEUTRUM" E "SAN FRANCESCO"
ALTE TENENDO LE LORO BANDIERE
MARCIARONO VERSO IL SACRIFICIO E LA GLORIA.
IL COMUNE DI CUNEO ED I SUPERSTITI DELLE ULTIME BATTAGLIE 
PER LA DIFESA DEL SUOLO PATRIO
REVERENTI POSERO.
Il 33 Reggimento Fanteria "Livorno", facente parte dell'omonima Divisione, nacque nel 1859 come unità del Regio Esercito Italiano. Ha servito la Patria ininterrottamente sotto il Regno di Sardegna nell'Armata Sarda, il Regno d'Italia nel Regio Esercito e la Repubblica Italiana nell'Esercito Italiano. Non ha mai cambiato specialità militare restando sempre un reggimento di fanteria. 
Per la sua versatilità è stato impiegato nella Prima Guerra Mondiale, nella Seconda Guerra Mondiale e nella Guerra Fredda.
La sua Bandiera di Guerra è stata decorata di
CROCE DI CAVALIERE DELL'ORDINE MILITARE D'ITALIA conferita con Regio Decreto il 5 giugno 1920 con seguente motivazione: "Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea o nell'aspra battaglia, conobbe ogni limite di sacrificio e di ardimento; audace e tenace, domò infaticabilmente i luoghi e le fortune, consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli d'Italia". (Guerra 1915-1918)
2 MEDAGLIE D'ARGENTO AL VALOR MILITARE
MEDAGLIA DI BRONZO AL VALOR CIVILE
Le mostrine del Reggimento erano rettangolari e di colore arancione; alla base vi era una stella argentata a cinque punte bordata di nero, simbolo delle Forze Armate Italiane.
Dal 1976 al 1986 il 33 Battaglione Fanteria d'Arresto indossava sul basco color kaki, portato sino al giugno 1981 per lasciar posto al basco nero, il fregio della Divisione Folgore.
Nel medesimo decennio le mostrine del 33 Reggimento subirono una variazione cromatica: nella parte superiore erano blu con al centro un gladio alato e nella parte inferiore erano arancione con al centro la stella a cinque punte.
Questa la riassunta storia del glorioso 33 Reggimento Fanteria "Livorno" che - in quel di Cuneo - ha tenuti alti i più nobili sentimenti di amor di Patria, fedeltà alla Bandiera e servizio alle Istituzioni.
Carissimi, ho voluto narrare le gesta di questo disciolto Reggimento perché credo sia di fondamentale importanza, per la storia e la tradizione del mio comune, sapere che non tutti i Cuneesi furono partigiani e non tutti i Cuneesi sovvertirono l'ordine costituito.
"Nel sacrificio la gloria!"
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

sabato 21 novembre 2020

Colonnello Incursore Giuliano Angelucci: "Io sono del 9 e me ne frego!"

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", questa sera voglio proporvi un bellissimo discorso del Colonnello Incursore Giuliano Angelucci, Comandante del 9 Reggimento Paracadutisti Incursori "Col Moschin", in occasione del suo fine comando per passaggio a più alti incarichi.

"Questo sarà un discorso diverso da quelli che avete sentito uscire dalla mia bocca. Porgo i miei più cordiali saluti alle autorità politiche, militari e religiose, alle Associazioni Combattentistiche e d'Arma, ai rappresentanti della società civile, sociale e a tutti coloro che hanno voluto condividere con la loro presenza questa cerimonia. Un caloroso abbraccio ed un deferente saluto ai famigliari dei nostri Caduti periti e deceduti in servizio. Grazie di averci omaggiato della vostra presenza. Un benvenuto particolare alle autorità convenute da questa bellissima città. Un subordinato saluto all'Ammiraglio di Squadra Cavo Dragone, Comandante del Comando Operativo Vertice Interforze, ed un subalterno saluto al Generale di Divisione Zanelli, Comandante del Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali e nostro Senior quali Incursori in servizio più alto in grado. Grazie per la vostra volontà di essere presenti. 

Agli ordini signor Generale Caruso, Comandante del Comando Forze Speciali dell'Esercito, benvenuto e ancora una volta grazie per aver deciso di condividere con noi la vostra partecipazione a questa cerimonia. 

"Io sono del 9, io sono del 9", quattro semplici parole in cui è racchiusa la grandezza del 9 Reggimento d'Assalto "Col Moschin"; IL reparto. Una breve frase che in realtà rappresenta la maestosità del senso di appartenenza a questo reparto, IL reparto. "Io sono del 9" a significare che non esiste il "mio 9", il "tuo 9", il "nostro 9", il 9 non appartiene a nessuno di noi; tutti noi apparteniamo al 9: IL reparto. Il 9 appartiene esclusivamente all'Esercito e alla nostra amata Italia. "Io sono del 9", il 9 Reggimento d'Assalto, IL reparto per il quale si deve provare un unico puro e rispettoso sentimento: l'amore incondizionato, uno stadio evoluto dell'amore in cui si offre benevolenza a prescindere del tipo di sentimento nel quale non esistono "come mai", "forse", "se", "ma", "perché". 

"Io sono del 9". Il reparto erede delle tradizioni degli Arditi del 9 Reparto d'Assalto della Prima Guerra Mondiale e del 10 Reggimento Arditi della Seconda Guerra Mondiale dal quale ereditò la Bandiera di Guerra, l'impeto, l'audacia ed il coraggio degli Arditi che implacabili assaltavano le posizioni nemiche donandoci un'eredità indelebile e troppo spesso dimenticata che noi cerchiamo di onorare ogni giorno. Lo facciamo perché assolutamente fieri ed orgogliosi di questo lascito e del legame indissolubile con le origini che sono le nostre fondamenta.  Sono schierati di fronte a voi gli eredi di tale patrimonio. 

"Io sono del 9": IL reparto fiero rappresentante dell'etica militare, leale e fedele alla propria missione ed al proprio giuramento. Reparto creato per l'unico scopo di vincere ad ogni costo per neutralizzare la minaccia, per difendere la Patria, per salvaguardare le libere Istituzioni. 

"Io sono del 9": IL reparto impiegato, fra l'altro, ininterrottamente - per circa 15 anni - nei teatri operativi di interesse a volte molteplici, schierando sia unità esclusivamente composte dal personale di reparto sia il cosiddetto "frame work" delle Special Operation Trance Forces Interforze. 

"Io sono del 9". Dico subito, a scanso di equivoci che il 9 Reggimento d'Assalto "Col Moschin" è IL reparto di punta, il più grande reparto, il più capace, il più stimato, il piano mirato non solo dell'Esercito Italiano. Incursori, voi siete l'onore dell'Esercito e delle Forze Armate italiane, anche di tutta Italia. 

Voi direte: "è chiaro che dici questo, sei il Comandante del 9". Ma queste parole non sono le mie, queste parole le ha dette il signor Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Salvatore Farina, il 24 Giugno 2018. 

"Io sono del 9". Fieri figli di quell'Italia che costantemente adempie alle proprie responsabilità, assolvendo ai propri doveri, ai propri compiti istituzionali e le missioni assegnate senza esitazioni - a prescindere - e, fedeli alle parole del Capitano Zaninelli diciamo: "Signor Comandante, io me ne frego; si fa ciò che si ha da fare per la Patria". 

Nel ringraziare tutte le Famiglie del personale del 9, riservo un GRAZIE particolarmente sentito alla mia famiglia: mia moglie Rachele e mia figlia Giulia. Grazie per tutto il supporto che mi hanno dato in questi anni e, a causa della mia assenza, per tutti quegli abbracci, baci mai dati e per quelle coperte mai rimboccate. Vogliate accettare un semplice Presente! in segno di profonda gratitudine. 

Esprimo tutta la mia riconoscenza a voi Ufficiali, Sottufficiali, Volontari e Soldati del 9 per avermi sempre trattato da Comandante e per avermi fatto sentire, in ogni circostanza, il vostro Comandante. Infine, consentitemi di ringraziare il mio Comandante, Generale di Brigata Caruso, grazie!

Amato 9, Addio! Servirti è stato un privilegio. Viva i Reparti d'Assalto, viva il 9 Reggimento d'Assalto, viva tutti i Figli del 9 Caduti in Operazioni, periti in addestramento, deceduti in servizio, viva l'Esercito, viva l'Italia!". (Colonnello Incursore Giuliano Angelucci, Comandante cedente del 9 Reggimento d'Assalto "Col Moschin", 13 marzo 2020, video integrale qui)

Carissimi, questo discorso l'ho ascoltato, riascoltato, letto e riletto più volte ma ogni volta ne sono rimasto ammirato. Gli Arditi, gli Incursori del 9 "Col Moschin" sono delle autentiche macchine da guerra ma, lo avete potuto percepire, sono uomini con un cuore grande, uno spirito libero ed un fulgido pensiero. Uomini come gli Incursori non solo sono il nostro vanto, il nostro orgoglio e la nostra speranza ma sono soprattutto personificazione vivente del Tricolore.

Grazie per il vostro seguito.

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

 

domenica 15 novembre 2020

Antimilitaristi "prendono in giro" la Folgore ed El-Alamein

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi mi è stato segnalato un articolo dal sapore assolutamente vergognoso pubblicato da un sito web chiamato "Umanità Nova".

L'autore dell'articolo ha intervistato un "compagno" della Federazione Anarchica Livornese che - bello orgoglioso - ha detto: "In città è presente l’Accademia Navale e, in generale, la presenza della Marina Militare è molto forte; abbiamo il comando della Brigata “Folgore” dei paracadutisti utilizzata in gran parte dei teatri di guerra in cui è coinvolto lo Stato Italiano, dunque ha un’importanza centrale nelle politiche di guerra e neocoloniali del Governo Italiano oltre ad essere notoriamente caratterizzata da uno spirito identitario fascista e nostalgico, il che ha un’incidenza particolare nel contesto cittadino ed ha dato origine a più riprese a conflitti, scontri con la popolazione ed a molti episodi di contestazione; abbiamo poi nel territorio tra Pisa e Livorno la Base Militare di Camp Darby che è tra le più grandi strutture militari USA presenti in Europa, una base utilizzata tuttora come centro logistico per inviare materiale bellico nei vari teatri di guerra, particolarmente nell’area del Mediterraneo e del Medio Oriente, soprattutto tramite l’utilizzo del Porto di Livorno

La Brigata “Folgore” aveva dato vita ad una serie di manifestazioni pubbliche di commemorazione della Battaglia di El-Alamein. Mi spiego meglio: la commemorazione della battaglia di El-Alamein è, in generale, un momento identitario per la Brigata “Folgore”: una battaglia combattuta dalla Brigata a fianco dei nazisti – tra l’altro persa – e che la Brigata celebrava in forma più o meno privata, con la presenza più o meno fissa di reduci – cosa questa che, per ovvi motivi anagrafici, si sta riducendo di anno in anno. Poi, ad un certo punto, ha cominciato a spostarla all’interno della città".

A questo punto il baldo intervistatore - credendosi simpatico - dice: "Evidentemente non sono superstiziosi, visto che celebrano una sconfitta...". Ed il "compagno" anarchico fa eco: "Infatti li abbiamo presi un po’ in giro anche per questo, con un po’ di slogan e striscioni ironici sul tema… in realtà però quello che celebrano è la collaborazione con il nazismo, l’identità fascista e nostalgica di cui si diceva prima. In questo contesto siamo riusciti a sollecitare tra il 2010 ed il 2013 l’organizzazione di numerose iniziative di opposizione, che hanno visto insieme numerose realtà e sono state partecipate da migliaia di persone, i cui punti nodali era sicuramente l’antifascismo, l’opposizione a questa celebrazione nostalgica, ma più in generale l’antimilitarismo, dal momento che, come si diceva prima, la “Folgore” rappresenta l’emblema delle missioni militari italiane all’estero, quindi contro le spese militari che fagocitano parassitariamente risorse che potrebbero avere destinazioni decisamente migliori a favore della maggioranza della popolazione. Manifestazioni non anarchiche specificatamente ma, come dicevamo, di ampio respiro e che noi abbiamo spinto il più possibile; iniziative che, alla fine, hanno costretto a tutt’oggi la “Folgore” a ripiegare nel chiuso delle caserme il loro momento di autocelebrazione identitaria". (Intervista completa qui)

Vi garantisco che a leggere queste cose mi sono venuti i conati di vomito. Innanzitutto mi chiedo come sia possibile  anche solo pensare di prendere in giro i Reduci di una Battaglia che ha visto morti e feriti. A che titolo questi signori possono permettersi di mancare di rispetto alla Brigata Paracadutisti "Folgore"? Quali titoli e meriti hanno per ritenersi migliori e/o superiori dei Parà?

Ma, la cosa che mi ha maggiormente innervosito e contrariato è stata l'affermazione secondo cui la "Folgore" si sarebbe sentita costretta a ripiegare nel chiuso delle caserme a seguito delle manifestazioni degli antimilitaristi. Stiamo scherzando?

La "Folgore" non ha mai indietreggiato dinanzi a nessuno e, proprio parlando di El-Alamein, bisogna ricordare che "il Primo Ministro inglese; Winston Churchill, al termine della battaglia, nell'annunciarne la fine alla Camera dei Comuni, disse: Bisogna davvero inchinarsi dinanzi ai resti di quelli che furono i Leoni della Folgore". (Santo Pelliccia, 70 anniversario della Battaglia di El Alamein, 09 ottobre 2012, Maddaloni, Caserta)

Chi parla in questo modo della "Folgore" non solo non ha capito di cosa sta parlando ma dimostra di essere in malafede perché, come dice il Generale di Brigata Rodolfo Sganga: "quando si vede la Folgore in azione - seppur con i suoi limiti - si rimane ammirati dalla qualità degli uomini e delle donne che servono la nostra amata Patria".

Questo modo di vilipendere e dileggiare chi non collima appieno con il nostro modo di pensare non è solo maleducato ma anche vergognoso. Quando si parla della Brigata più organizzata, operativa ed autonoma della Forza Armata bisogna avere rispetto. Non vi nascondo - e chi di voi mi conosce lo sa - che quando scrivo dei Parà lo faccio sempre in punta di piedi e mi inoltro nelle argomentazioni con tutto il tatto ed il garbo possibili. Ho sempre paura di sbagliare, sminuire o dire inesattezze e mi documento parecchio prima di postare qualcosa. Vedere che, invece, ci sono persone che parlano di El-Alamein e della Folgore con questa leggerezza e maleducazione mi fa salire il sangue al cervello.

Carissimi, scusate per questo Post molto atipico per questo Blog ma non potevo far passare la cosa sotto traccia e non potevo assolutamente tacere dinanzi all'ignoranza.

"Mancò la fortuna ma non il valore!".

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

mercoledì 11 novembre 2020

Polizia Penitenziaria sempre più sola e dimenticata dallo Stato

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", in queste settimane di lockdown dovuto ai D.P.C.M. del Governo Conte per contrastare la Pandemia da Covid-19, si è sentito spesso parlare della situazione grave ed emergenziale delle nostre carceri. Gli Agenti della Polizia Penitenziaria, infatti, ancora una volta, si trovano a dover affrontare situazioni di grandi criticità in sottorganico.
La gestione fallimentare del Dipartimento per l'Amministrazione Penitenziaria e del Ministero di Grazia e Giustizia è sotto gli occhi di tutti. 
"Quando la Polizia Penitenziaria compare sullo scenario dei mass-media vuol dire che le cose non vanno proprio. Stiamo purtroppo raccogliendo quello che di cattivo noi avevano previsto: violenze, aggressioni, rivolte, ... basta dare un'occhiata ai giornali ed alle televisioni per rendersi conto che il sistema è sfuggito di mano. Purtroppo, ripeto, noi lo avevamo annunciato che le cose non andavano. Abbiamo addebitato sin da subito i peggioramenti alla veloce apertura delle celle che ha consentito ai detenuti di uscire dalla cella ma non di praticare i contenuti della pena. In pratica si sono solo aggregati ed all'ozio si sono aggiunte associazioni tra detenuti. Abbiamo iniziato così con le rivolte. La prima rivolta è stata quella della Casa Circondariale di Salerno; non a caso è successo lì visto che precedentemente noi avevamo denunciato una condizione per cui i detenuti avevano - di fatto - in mano l'Istituto. Infatti ci sono mille episodi che noi abbiamo segnalato. Dopo la rivolta di Salerno la questione si è spostata in altri venti Istituti sull'intero territorio nazionale. La Campania è particolare: qui siamo sempre soggetti ad eventi critici negli Istituti sia per la tipologia di detenuti che noi ospitiamo sia per il territorio ad alta criminalità organizzata.
A Santa Maria Capua Vetere si è creato un fatto per cui i Carabinieri fermavano con posti di blocco i nostri colleghi della Polizia Penitenziaria - addirittura davanti ai famigliari dei detenuti - con notifiche di perquisizione, avvisi di reato, soltanto per acquisire il telefonino personale. Operazione che poteva essere fatta 50 metri più in là nei nostri uffici, nel nostro Istituto, senza essere giudicati da un'opinione pubblica che sicuramente ha avuto un'immagine della Polizia Penitenziaria devastata. Noi siamo stati massacrati in quel momento umanamente e professionalmente. Noi parliamo di perquisizioni domiciliari, personali, fatte ai colleghi davanti ai famigliari di mattina presto solo per acquisire il telefonino. Queste modalità strane ci hanno distrutto professionalmente sono state poi captate dal Procuratore Generale del Distretto della Campania di Napoli che, in quanto responsabile dell'attività della Polizia Giudiziaria ha chiesto chiarimenti ed una relazione dettagliata alla stessa Procura di Santa Maria Capua Vetere e all'Arma dei Carabinieri. Mi sembra sia un caso unico in campo nazionale che un Procuratore Generale chieda conto delle modalità eseguite in questa maniera. 
Al Garante dei Detenuti della Regione Campania che ha denunciato un comportamento sospetto della Polizia Penitenziaria a rivolta già finita io replico che il Garante non deve pubblicizzare, non deve spettacolarizzare sia le denunce all'epoca dei fatti - per le quali fece addirittura un'intervista pubblica in piazza. A me va benissimo l'accertamento dei fatti e sono assolutamente fiducioso nella magistratura ma la spettacolarizzazione come la pubblicazione di queste denunce e dei provvedimenti attuali del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria non possono essere oggetto di pubbliche interviste. Si fa la denuncia all'Autorità Giudiziaria, si deve rimanere in silenzio, avere fiducia dell'attività giudiziaria, ma non si possono anticipare né fatti né contenuti, e noi - come Sindacato - non abbiamo scopi politici, non abbiamo demagogie, strumentalizzazioni. La posizione del Garante è una posizione che soffia sul fuoco di determinate categorie come quella dei detenuti ed ex-detenuti e i risultati, oggi, li abbiamo davanti agli occhi. 
I detenuti l'altro giorno hanno fatto un'altra rivolta a Santa Maria Capua Vetere. Il Garante è convinto che i detenuti non fanno rivolte. Hanno cominciato ad intimare nei confronti dei nostri colleghi l'ordine di uscire fuori dalle sezioni altrimenti avrebbero chiamato il Garante. Vuol dire che qualcosa non funziona più. Pochi giorni fa, la settimana scorsa, i detenuti, di notte, hanno aggredito personale e hanno mandato sei colleghi all'ospedale. Durante la mattinata, poi, alcuni detenuti del Reparto Isolamento "Danubio" hanno aggredito i colleghi di servizio, li hanno cacciati dal Reparto, si sono impossessati delle chiavi e si sono impossessati di tutto il Reparto. Tant'è che è intervenuto il Procuratore, ha condotto la trattativa, sono arrivati uomini di rinforzo. I Poliziotti, però, non avendo più certe le nostre regole d'ingaggio - che sono dettate dagli Ordinamenti - e non avendo più fiducia nell'operato dello Stato che non li tutela si sono rifiutati di rientrare in servizio perché rischiano provvedimenti giudiziari. Le nostre regole d'ingaggio - che sono state contestate nel giorno della rivolta - sono dettate dai nostri Regolamenti; l'articolo 41 dice che in caso di compromissione dell'ordine e della sicurezza nel Reparto, nell'Istituto, si può far ricorso anche alla forza come accade in tutte le Forze dell'Ordine quando ristabiliscono l'Ordine Pubblico".(Intervista ad Emilio Fattorello, Segretario Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (S.A.P.Pe.) visionabile qui)
Ho ritenuto opportuno dar spazio alle parole del S.A.P.Pe. perché mi rendo conto che in Italia la Polizia Penitenziaria risulta quasi essere un'entità fantasma. Nelle Case di Reclusione la situazione è drammatica perché la Polizia Penitenziaria è in sotto organico e - spesso - si trova a dover affrontare orde di detenuti facinorosi che nulla hanno da perdere e che non vedono l'ora di sovvertire l'ordine costituito. Il problema nasce nel momento in cui i poliziotti in servizio devono riportare alla normalità la situazione ed allora devono ricorrere ad azioni coercitive. Lì scattano denunce, segnalazioni e scandali. Ma, e lo dico con rammarico, l'opinione pubblica pare vedere il "lupo nero" nella Polizia Penitenziaria anziché nei detenuti.
Sacrosanto - e menomale che c'è - il Garante dei Detenuti. Unico neo può essere quello di avere una posizione di prevenzione e dubbio costante nell'operato della Polizia Penitenziaria. Dietro alle divise blu della Penitenziaria non si celano dei boia, dei picchiatori o dei torturatori ma uomini e donne che per stipendi nemmeno troppo lauti rischiano la loro vita per il bene della collettività.
Carissimi, ho voluto e desiderato fare questo Post perché credo di dover dire GRAZIE a tutti i membri della Polizia Penitenziaria per quel che fanno nel nascondimento delle alte mura di cinta carcerarie. Il fatto di fare un servizio non visto dagli occhi dei più non fa di quel servizio un qualcosa di inutile o scontato.
Viva l'Italia, viva la Polizia Penitenziaria!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

sabato 7 novembre 2020

Il 201 Corso Allievi Ufficiali "Esempio" ha giurato fedeltà alla Repubblica nelle mani del Generale Rodolfo Sganga

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", il 30 ottobre 2020 - nel bellissimo cortile dell'Accademia Militare di Modena - ha giurato il 201 Corso Allievi Ufficiali "Esempio". Per via del Covid-19 tutti i militari schierati portavano la mascherina chirurgica e non hanno potuto prendere parte né i parenti né gli amici degli Allievi.

Una cosa però è stata unica e degna di nota: il discorso del Generale di Brigata Rodolfo Sganga, Comandante dell'Accademia Militare. Ancora una volta il Generale Sganga ha trasmesso ai suoi sottoposti la grande passione e la grande abnegazione per il "mestiere delle armi". 

Come altre volte ho fatto, ve lo riporto per permettervi di meditare su concetti che non sono mai sufficientemente esplicati ed approfonditi.

"Porgo il mio sincero benvenuto, anche a nome di tutto il personale dell'Accademia Militare, al Generale di Corpo d'Armata Salvatore Camporeale, Comandante della Formazione, Specializzazione e Dottrina dell'Esercito: bentornato a casa Comandante! Saluto il Sindaco della Città di Modena Giancarlo Muzzarelli, Sua Eccellenza il Prefetto Pierluigi Faloni, il Magnifico Rettore dell'Università di Modena e Reggio Emilia Prof. Carlo Adolfo Porro, il Presidente dell'Associazione Nazionale degli Ex-Allievi dell'Accademia Militare Generale Guido Casalgrandi. La vostra presenza è testimonianza palese della vicinanza all'Accademia Militare e di questo vi ringrazio. 

Noi tutti siamo onorati della presenza della Professoressa Paola Del Din, Medaglia d'Oro al Valor Militare, Patriota ed autentico monumento di valori. Con Lei, che da oggi sarà la Madrina del suo 201 Corso Esempio, festeggiamo anche la giornata delle Medaglie d'Oro al Valor Militare ricordando tutti coloro che hanno dato tanto e - nella stragrande maggioranza dei casi- hanno dato tutto nell'adempimento dei doveri in tempo di guerra e di pace. Professoressa, grazie per il suo discorso perché è arrivato diretto al cuore. 

Desidero indirizzare un riverente pensiero ai nostri Caduti che ci indicano costantemente la via del dovere. Consentitemi di salutare l'Allievo Ufficiale Matteo Pieropan che non è qui con noi oggi ma che certamente ci sta seguendo in video. Forza Matteo, noi tutti facciamo il tifo per te! 

Un affettuoso saluto rivolgo, infine, a tutti i Famigliari degli Allievi giurandi, ai quali abbiamo chiesto un sacrificio importante che è quello di seguire i propri figli a distanza proprio nel giorno in cui - a pieno titolo - entrano a far parte della grande famiglia con le stellette assumendo l'impegno di servire l'Italia. So benissimo che ciascuno di voi, in questo momento è intento a seguire la cerimonia su uno schermo, avrebbe voluto essere presente fisicamente. Noi sentiamo comunque la vostra vicinanza e cercheremo di farvi percepire la nostra durante la cerimonia cominciando con il rivolgervi il nostro ringraziamento per aver saputo infondere in questi splendidi ragazzi i principi fondamentali della civile convivenza e della buona educazione. Grazie per averli dotati di quella fiammella che arde nei loro petti e che li ha spinti a rinunciare alle comodità della vita civile scegliendo la via del dovere e del rigore che si imbocca varcando il portone dell'Accademia Militare. Di fronte a voi noi ci impegniamo a proseguire la vostra opera per farne uomini e donne onesti, cittadini esemplari, soldati efficienti e comandanti capaci. Ci impegniamo ad alimentare quella fiammella che dovrà ardere per il resto della loro vita e che li renderà protagonisti nel mestiere delle armi. 

Allievi Ufficiali del 201 Corso "Esempio", con il Giuramento sposate definitivamente il mestiere delle armi, nobile e senza eguali. Questa promessa è ancor più solenne perché formulata alla presenza della nostra Bandiera d'Istituto, autentico scrigno di quei valori a cui noi rispondiamo ed alla quale va il mio più rispettoso saluto. Il Tricolore dinanzi al quale state per impegnare le vostre vite con il Giuramento è il simbolo scelto dai Padri Costituenti per raccogliere l'eredità degli ideali risorgimentali che si esprimono nei suoi colori. Il Tricolore quindi è una cosa seria: simbolo dell'identità nazionale ed emblema di unità. Il Tricolore è la memoria nazionale e rappresenta la nostra Patria che è la terra dei nostri padri, la nostra casa comune. Il Tricolore rappresenta le nostre famiglie unite dalla nostra storia, dalla nostra cultura, dalle nostre tradizioni, dal nostro comune sentire, dalla nostra lingua, dalla nostra Costituzione. Il Tricolore ci rappresenta e ci richiama in maniera imperiosa al rispetto di tutti quei valori che superano la barriera del tempo ed ai quali dobbiamo far riferimento per condurre una vita da buoni cittadini e da soldati. Soprattutto nelle condizioni più difficili - in guerra come nel corso di una pandemia - il Tricolore rappresenta tutti noi come singoli individui e come comunità, perché noi siamo la patria a cui apparteniamo. 

Cari Allievi del 201 Corso, vi state impegnando di fronte al bianco: colore delle nevi delle Alpi, al Rosso delle fiamme e dei vulcani e al verde dell'aprile delle valli come descriveva il nostro splendido Vessillo il Carducci nel Centenario della Sua Nascita. Non dimenticate mai che vi state impegnando al cospetto del Tricolore che rappresenta anche il bianco dei capelli dei nostri nonni che, per la nostra Patria, hanno combattuto. Rappresenta il rosso della passione e del sangue che i nostri nonni hanno versato per regalarci l'Italia come la conosciamo oggi. E rappresenta il verde della speranza che deve animarci per essere sempre all'altezza di chi ci ha preceduto e non deluderli mai. Per rispondere a questa chiamata dovrete attingere alle migliori risorse della vostra mente e del vostro animo, forti di quei valori che l'Accademia Militare vi ha trasferito; il coraggio, il senso dell'onore e del dovere dai quali discendono l'identità morale, la responsabilità, la lealtà, la generosità, l'umile e silenziosa disciplina. Valori altissimi dei quali diverrete custodi con la vostra scelta. Valori nobilissimi con i quali vi apprestate a proseguire la vostra preparazione per essere pronti domani a guidare gli uomini e le donne che avrete alle dipendenze e con i quali servirete le Istituzioni. 

Cari Allievi, dopo questa giornata non potrà più esserci spazio per il compromesso ma se il Tricolore rappresenterà per ciascuno di voi la bussola da seguire in ogni momento difficile in cui sarete chiamati a prendere delle decisioni tormentate non potrete sbagliare. A noi che vi precediamo rimane il dovere di esservi d'esempio. 

Do ora lettura della Formula del Giuramento: "Giuro  di essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le Leggi, e di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere Istituzioni. 

Allievi del 201 Corso "Esempio", lo giurate voi?". (Generale di Brigata Rodolfo Sganga, Modena, 30 ottobre 2020)

Carissimi, ho visto questa Cerimonia in diretta e ho riascoltato il discorso almeno trenta volte. Ogni volta mi sono commosso perché ho ravvisato nelle parole del Comandante un sincero amore per il Tricolore, lo stesso amore che nutro io con tutto me stesso. 

Come avevo detto all'inizio del Post, non è la prima volta che riporto le parole del grandissimo Generale Sganga e - a Dio piacendo - lo farò ogni volta che potrò. Nella mia vita di Blogger e di Italiano non ho mai trovato un uomo così onesto intellettualmente, un militare così profondamente innamorato del Tricolore, un Italiano così patriottico.

A conclusione di questo mio, voglio ringraziarvi tutti per l'affetto e la stima con la quale mi seguite e mi leggete.

Viva l'Italia, viva l'Esercito, onore ai Caduti!

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

martedì 3 novembre 2020

04 novembre 2020 - Festa delle Forze Armate (Parte Seconda) - Ricordo di Gigi Proietti

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", eccomi nuovamente a voi con un Post in preparazione alla Festa delle Forze Armate che si terrà - seppur in modo sommesso - domani. 
Come sapete ieri, 02 novembre 2020, è tornato alla Casa del Padre il grandissimo attore Gigi Proietti che, per chi come me ha qualche capello bianco, è stato "Il Maresciallo Rocca" per nove anni. Lui stesso nel 2018, parlando di questa fiction, disse: "Ho fatto una ferma di nove anni per il Maresciallo Rocca e ancora va in onda da tutte le parti sulla Rai. Il Maresciallo Rocca cantava, cantava per conto proprio. Ovviamente quando un Maresciallo dell'Arma canta non può essere accompagnato da una chitarra e un mandolino, eh ci vuole ben altro, anzi ben altri".  In quel momento, nel teatro nel quale si stava esibendo ha fatto l'ingresso trionfale la Banda dell'Arma dei Carabinieri. Stupore generale.
L'Arma dei Carabinieri, la quarta Forza Armata del nostro Paese - quella con compiti di Polizia -, ha voluto dimostrare a Gigi Proietti l'affetto e la stima per la sua condotta di vita e per il suo impegno nell'aver portato nelle case degli italiani la professionalità e l'umanità degli appartenenti all'Arma.
"La Banda dei Carabinieri fa delle cose classiche, delle marce stupende, anche pezzi sinfonici, e invece io "cantà canto così... tanto pe' cantà 'nsomma. Se po' fà?". Il Maresciallo Comandante della Banda gli rispose subito: "Certo, come no?". 
Per lo stupore di tutto il teatro - e dei milioni di Cittadini dinanzi allo schermo televisivo - la banda inizia ad eseguire il celebre stornello romano "Tanto pe' cantà" reso noto dal grandissimo Nino Manfredi, anch'egli interprete del Colonnello Marino Vinci ne "Il Tenente dei Carabinieri" del 1986. Un momento questo che resterà impresso negli annali della storia televisiva e del varietà per sempre.
L'Arma dei Carabinieri è sempre stata nel cuore del Popolo Italiano e le molte fiction ad Essa dedicate ne sono il segno e la testimonianza. Ieri, durante la trasmissione "Oggi è un altro giorno" in onda su Raiuno, è stata intervistata Veronica Pivetti che nella fiction "Il Maresciallo Rocca" è stata la moglie di Proietti per tre serie. La Pivetti, visibilmente emozionata, ha detto: "Io gli chiedevo [a Gigi] di raccontarmi la barzelletta del gelato al carciofo. Anche se me l'aveva raccontata già duecento volte me la raccontava e alla fine io ridevo e lui pure. Quando c'è il talento fai uno starnuto e lo fai bene. Lui era un raccontatore di barzellette eccezionale. Gigi Proietti non era snob, che è un bruttissimo vizio, brutto, brutto, di un sacco di gente che fa questo mestiere. Lui invece era solo una persona popolare, nel senso più sano e più vero del termine. Era un signore che ha fatto cultura continuamente portando moltissimi attori al grandissimo pubblico ed era felice del grande pubblico. Lui veramente "non se la tirava", era uno diretto e poi era umile. Questo signore lascia un vuoto incolmabile e ne è prova che vanno ancora in replica le puntate del "Maresciallo Rocca". Quando muoiono personaggi di questa portata tu capisci che li hanno buttato via lo stampo, non c'è niente da fare. Se Eduardo De Filippo ha detto di lui: "Finalmente ho trovato un erede" si è detto tutto. Io a cinque anni lo guardavo in televisione, mi ricordo quando la tv aveva Primo Canale ed era in bianco e nero. Sul set de "Il Maresciallo Rocca", lui il mio idolo, ha creato con me un rapporto da collega creando una fluidità, un'intesa e un rapporto lavorativo serio ma al tempo stesso divertente. Non c'erano sovrastrutture con lui". (Intervista completa qui)
Il "Maresciallo Rocca" è andato in onda per cinque stagioni con un totale di trenta episodi dal 1996 al 2005.  Il grande pubblico ha amato molto questo personaggio e l'Arma dei Carabinieri ha sempre stimato la figura di questo Comandante di Stazione serio, ironico e divertente che sapeva essere militare ma al contempo anche "angelo custode" dei cittadini e di quanti si rivolgevano alla sua caserma.
Carissimi, le Forze Armate sono anche questo. Dietro all'uniforme, dietro alle caserme vecchie, vetuste, cupe, ci sono uomini e donne che fanno il massimo possibile per garantire sicurezza, stabilità e incolumità alla Popolazione Civile che hanno giurato di servire assieme al Tricolore ed alle Libere Istituzioni.
Post come questi ne faccio pochi perché non ho un animo romantico ma quando la televisione ha annunciato la morte di Gigi Proietti mi sono scese le lacrime. Sono cresciuto guardando "Il Maresciallo Rocca", a Roma - durante il periodo universitario - andavo a vedere i suoi spettacoli al Teatro Sistina e poi l'ho sempre seguito nei suoi sceneggiati televisivi e programmi di varietà. Una sua interpretazione memorabile ed unica per me resta "Preferisco il Paradiso" nella quale Gigi ha interpretato Filippo Neri, il Santo del buon umore. 
Carissimi, a conclusione di questo mio Post atipico, voglio ringraziare tutti gli uomini e le donne dell'Arma dei Carabinieri per quel che fanno per noi. Voglio ricordare la loro storia. Voglio commemorare Salvo D'Acquisto, Carlo Alberto Dalla Chiesa, e tutti i Caduti dell'Arma. Voglio ricordare Gigi Proietti che voleva molto bene all'Italia, a Roma e ai Carabinieri.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

giovedì 29 ottobre 2020

04 novembre 2020 - Festa delle Forze Armate (Parte prima)

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'anno sarà difficile celebrare in modo degno e solenne la Festa delle Forze Armate perché il Covid-19 non accenna a finire. Per commemorare degnamente questa giornata vi propongo un'intervista fatta nel 2019 dal bravissimo Giornalista Cuneese Gabriele Destefanis al Prefetto della Provincia di Cuneo Dott. Giovanni Russo, recentemente andato in pensione.

Destefanis: "Che significato ha questa giornata, questa celebrazione per le Forze Armate e, in generale, per tutta la Comunità?".

Russo: "E' un momento importante. Credo che sia un momento che esalta la coesione sociale della nostra Nazione. E' un momento di ringraziamento anche per le Forze Armate per tutta l'attività che hanno svolto nel corso dei Conflitti Mondiali, del Primo e del Secondo, anche naturalmente delle Missioni all'Estero in cui sono impegnati per quello che faranno. Io credo che sia un momento significativo per noi e la presenza dei giovani oggi credo sia importante perché abbiano consapevolezza di quello che è stato il nostro passato e di quelle che sono le prospettive per il nostro territorio, la nostra Nazione, la nostra Comunità". 

Come si è detto molte volte su questo Blog, la Festa delle Forze Armate non solo è importante ma è fondamentale perché chi difende la Patria, la Famiglia e la millenaria Civiltà Cristiana del nostro Paese merita una giornata interamente dedicata, merita rispetto, merita memoria.

Il 4 novembre non celebriamo solo le Forze Armate in armi ma anche quelle in congedo e, soprattutto, i Caduti delle Forze Armate che hanno effuso il sangue per amore della Bandiera, dell'Italia, del Popolo.

Viva l'Italia, viva le Forze Armate, onore ai Caduti!

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

lunedì 19 ottobre 2020

"Fides et Virtus" - Omaggio all'Ispettore Generale Domenico Giani

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", per la prima volta dalla creazione di questo Blog intendo parlare di un alto Ufficiale italiano che ha avuto l'onore e l'onere di servire niente meno che il Santo Padre e lo Stato della Città del Vaticano: Domenico Giani.
Domenico Giani nasce ad Arezzo nel 1962 in una famiglia cristiana di sani principi ed onesti valori civili e religiosi. Studia e si laurea in Pedagogia con indirizzo Socio-Psicologico presso l'Università degli Studi di Siena. Si arruola nella Guardia di Finanza dove presta servizio come Sottufficiale e, con grande tenacia e caparbietà, arriva al ruolo di Ufficiale.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri nota le sue capacità e le sue attitudini investigative; su queste basi lo destina al Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (S.I.S.De.) a tutela delle Istituzioni e della Democrazia. Anche qui si distingue per spirito di servizio ed abnegazione.
Lo Stato Italiano lo chiama dunque ad occuparsi di sicurezza e giustizia. Giani diviene comandante della Polizia Giudiziaria presso la Procura della Repubblica, svolge funzioni di Pubblico Ministero in udienza giudiziale, diviene Dirigente presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) nel settore Protezione Tecnologica ed Organizzativa.
A conferma della sua grande esperienza investigativa, l'Università degli Studi de L'Aquila lo chiama quale Professore a Contratto presso la Facoltà di Scienze dell'Investigazione.
Nel 1999, a seguito di molti successi professionali, lascia gli incarichi presso lo Stato Italiano per diventare Vice Comandante del Corpo di Vigilanza dello Stato della Città del Vaticano. Dopo soli sette anni diventa Comandante della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, Responsabile della Direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile, Coordinatore dei Vigili del Fuoco.
Giani, per espletare al meglio le sue funzioni, prende residenza nello Stato della Città del Vaticano di cui ottiene anche la Cittadinanza.
Il Comandante Domenico Giani è "diventato famoso" per aver bloccato e reso inoffensiva - per ben due volte - la signora Susanna Maiolo, cittadina italo-svizzera che sia nel 2008 che nel 2009 ha attentato alla vita di Papa Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro. Nuovamente si è reso degno di menzione per aver coordinato, gestito e condotto le indagini di intelligence nel Caso "Vatileaks".
Quale Comandante della Polizia del Vaticano, Domenico Giani ha fatto delle vere e proprie rivoluzioni. Ha messo a punto nuove tecniche investigative, ha insegnato ai Gendarmi a seguire procedure di pronto intervento e di intelligence, ha organizzato collaborazioni con il Gruppo Intervento Speciale (G.I.S.) dell'Arma dei Carabinieri e con il Federal Bureau of Investigation (F.B.I.) degli Stati Uniti d'America. I Gendarmi che hanno conseguito risultati migliori e più efficienti sono entrati a far parte del neo-costituito Gruppo di Intervento Rapido (G.I.R.), un nucleo specializzato nel contrasto del terrorismo, negli attentati al Romano Pontefice e nel sabotaggio di eventuali oggetti esplosivi.
A seguito di tutti questi ammodernamenti e perfezionamenti del Corpo di Gendarmeria, il Vaticano si è visto inserire nell'Interpol all'Assemblea Generale del 2008.
Domenico Giani, grazie alla sua maestria militare, ottiene numerosi premi e riconoscimenti. Il 17 gennaio 2018, presso il Palazzo del Quirinale, ottiene dalla mani del Presidente della Repubblica Italiana la Croce d'Oro al merito dell'Esercito con la seguente motivazione: "Direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile e Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato del Vaticano, nell'ambito di un articolato e lungo processo che ha portato alla impeccabile definizione delle misure organizzative di sicurezza connesse con lo svolgimento presso le strutture della Santa Sede di diversificati e complessi eventi - di respiro internazionale e di interesse strategico per l'Esercito, esercitava un'insostituibile e determinante azione nel consolidamento di preziosissime sinergie ai vari livelli tra le articolazioni della Forza Armata e quelle della propria organizzazione, fornendo, in virtù della perfetta e apprezzatissima riuscita di tali iniziative, un contributo decisivo per consolidare ed accrescere l'immagine dell'Esercito quale Istituzione dello Stato prestigiosa, seria ed affidabile. Roma, settembre 2015 - novembre 2017".
Il Comandante Giani ha dimostrato le attitudini e l'onore di un Ufficiale quando - pur non avendo responsabilità oggettive ha rassegnato le dimissioni da capo del Corpo per "fuga di notizie sulla sospensione di addetti vaticani". Jorge Mario Bergoglio le accetta prontamente il 14 ottobre 2019 lasciando l'amaro in bocca a quanti di Giani hanno sempre avuto stima e considerazione. 
Il Tg2000 della Conferenza Episcopale Italiana, in quell'occasione, riportò così la notizia: "Un comunicato ufficiale della Santa Sede ha reso nota la decisione presa dalla fedele ombra del Pontefice che ha rimesso il suo mandato nelle mani del Papa, assumendosi "in toto" la responsabilità della fuga di notizie su una disposizione riservata che prevedeva limitazioni amministrative nei confronti di personale della Santa Sede. Era il 2 ottobre scorso quando alcuni organi di stampa pubblicavano nomi e foto di cinque dipendenti vaticani coinvolti sull'inchiesta su investimenti immobiliari in Gran Bretagna per centinaia di milioni di euro. Un fatto che aveva esposto alla gogna mediatica le persone coinvolte, semplicemente indagate, mostrando una falla nel sistema di informazioni ad uso interno. Per volere del Papa, nei giorni scorsi, era stata aperta un'indagine per individuare "la talpa" e l'autore materiale della divulgazione che lo stesso Pontefice aveva paragonato ad un peccato mortale, perché altamente lesiva dell'integrità morale dei dipendenti coinvolti. Non essendo emerso alcun responsabile, Giani - con un gesto d'altri tempi - si è dimesso. Un atto in linea con le qualità mostrate dal Comandante nel corso degli anni, senso dell'onore, umiltà, lealtà profonda che hanno garantito intorno ai tre Pontefici (di cui è stato l'angelo custode) un clima di naturalezza e sicurezza". (Video integrale clicca qui)
Carissimi, ho avuto la fortuna di poter parlare con il Comandante Domenico Giani in due occasioni all'interno delle mura vaticane e mi sono sentito sempre un piccolo esserino dinanzi ad un gigante. Egli è umilissimo, molto parco nel parlare, ma gli si leggono negli occhi una grande professionalità, un grande senso del dovere e dell'onore. Mi pareva giusto, anche se in poche righe, illustrare la sua figura e le sue gesta perché "Cuore Alpino" esiste per narrare ciò che nella Difesa rende onore ai nostri avi.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

domenica 18 ottobre 2020

La Battaglia di El Alamein e la Folgore (Parte Seconda)

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", come promesso, anche questa domenica rifletteremo sulla Battaglia di El Alamein e sull'impatto che ha avuto sulla Brigata Paracadutisti "Folgore". Lo faremo meditando sulle parole pronunciate da "Aquila 1" in occasione del 71esimo Anniversario della Battaglia di El Alamein.

"Onoriamo coloro che ci hanno preceduto lasciandoci una lezione imperitura di coraggio e di tenacia. I reduci di questa battaglia, come di altre battaglie, sono qui tra noi oggi. Li salutiamo con deferenza. Siamo al cospetto delle Bandiere della specialità dei Paracadutisti, specialità in crescita. Diamo il benvenuto allo stendardo di Savoia Cavalleria che ieri ha effettuato il primo lancio, che riallaccia una relazione forte sin dai primi momenti della "Folgore". Salutiamo il ricostituito 185 Reggimento Artiglieria Paracadutisti e il 6 Reggimento di Manovra che entra nei ranghi. Con i fratelli del 4 Alpini e del 1 Carabinieri, sempre con noi sul campo. Le Bandiere non sono tutte; una di Esse è in Afghanistan con il "Nembo" ma è presente idealmente come tutti i Paracadutisti che nei diversi teatri operativi stanno servendo la Patria e che salutiamo con un caldo augurio.

Oggi sono schierati tra i ranghi della Folgore anche coloro che ci hanno lasciato: i nostri Caduti, sempre con noi nella nostra memoria e nella vita di tutti i giorni. Onori a voi Leoni della "Folgore", onori a voi ragazzi che avete sacrificato giovani vite per un ideale. Oggi mi è stato detto che ricordare loro è come riportarli in vita e mi piace pensare che sia così. 

Le nostre Bandiere ci indicano la via dell'onore e l'impegno del nostro Giuramento. I nostri predecessori, in attesa di partire per l'Africa, cantavano: "C'è a chi piace far l'amore, c'è a chi piace far danaro, a noi piace far la guerra con la morte a paro a paro". Non erano guerrafondai, non erano dei pazzi, erano ragazzi che si facevano coraggio per adempiere al loro dovere fino alle conseguenze più estreme. C'è sempre una scusa, miei cari Paracadutisti, per non fare il proprio dovere; c'è sempre un motivo per non partire. Questi giovani Paracadutisti, semplicemente, disprezzavano chi aveva preso scorciatoie, privilegiando interessi personali. Ragazzi semplici, silenziosi e determinati che nel putiferio della Battaglia, tra carri che dilagavano a destra e a sinistra, tra polvere, fumo e camerati riversi nel sangue non cercavano la via della fuga ma, anzi, vedevano opportunità di un ulteriore contrattacco. Noi siamo qui per ricordarlo oggi e riproporci di essere degni di loro; per la nostra Patria che - oggi più che mai -  ha bisogno di Cittadini responsabili e soldati generosi su cui contare. Paracadutisti di ieri e di oggi, rimango di giorno in giorno contagiato ed ammirato dal vostro ottimismo, dal vostro silenzioso e determinato coraggio. Voi mi rendete orgoglioso per come mantenete fede ai vostri valori che animano voi e le vostre bellissime famiglie (cui va tutta la mia gratitudine). Loro, le nostre famiglie, ci supportano e affrontano con fatica le nostre scelte; sono famiglie dove l'orgoglio di essere italiani e l'amor di Patria non sono retorica ma significano impegno e fatica, decoro e dignità. Sono tante queste famiglie. Io credo che siano la maggioranza in Italia, una maggioranza silenziosa che non fa notizia ma che voi testimoniate oggi. Siate fieri di essere i migliori fra i soldati e impegnatevi sempre perché i soldati devono essere i migliori tra i Cittadini. Questo è il momento, Paracadutisti di ieri e di oggi, di riaffermare i nostri valori, di ricordarci il nostro Giuramento e di continuare con determinazione a vivere nel servizio. E' la nostra scelta, quella di essere tra coloro che stanno "con la morte a paro a paro", nonostante il sacrificio e i costi. Quando mettiamo i nostri figli a letto, prima di partire per un'operazione, e sentiamo già la nostalgia e il peso delle incertezze, quando usciamo dalla porta dell'aereo e ci lanciamo nel buio, oppressi dell'equipaggiamento, quando sfidiamo una zona piena di pericoli in teatro: quella è la via del dovere! Era la scelta di coloro che ci guardano da quell'angolo di cielo che è destinato agli eroi. Parà: Folgore! Viva l'Italia!". (Generale di Brigata Lorenzo D'Addario, Comandante della Brigata Paracadutisti "Folgore", Livorno, 25 ottobre 2013)

Carissimi, non c'è altro da aggiungere. La "Folgore" ha dei valori ineguagliabili ed inarrivabili perché sono i valori della storia e dei Leoni che combatterono con coraggio a El Alamein. Spero che questi miei Post possano servirvi per tramandare alle future generazioni i valori e la storia della nostra grande madre Italia.

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

domenica 11 ottobre 2020

La Battaglia di El Alamein e la Folgore (Parte Prima)

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", in questo mese di ottobre - nel quale ricorre la festa della Brigata Paracadutisti "Folgore" - ho deciso di dedicare i post domenicali ai Parà ed alla loro storia. Per via della pandemia da Covid-19 in questo 2020 non si potrà celebrare la solita solenne festa della Brigata con la presenza di pubblico ed allora, seppur in modo molto umile, ho deciso di onorare la Brigata con una serie di scritti dedicati alla loro storia gloriosa ed impareggiabile.

Il 23 ottobre 1942, alle ore 20:45, ebbe inizio la terza ed ultima Battaglia di El Alamein; una delle battaglie più importanti, e sicuramente determinanti, dell'esito finale del secondo conflitto mondiale. Quando parliamo di quegli eventi dobbiamo dire con convinzione che "non fu mai sollevato un drappo bianco in segno di resa, né un solo paracadutista alzò le braccia di fronte al nemico. La stessa B.B.C. citò testualmente che i resti di quella che era la Divisione "Folgore" furono raccolti esanimi sul terreno". (Presidente A.N.P.d'I., Sezione Caserta, 09 ottobre 2012)

E, parlando ad una scolaresca attenta e commossa, il grande Santo Pelliccia disse: "Il Primo Ministro inglese; Winston Churchill, al termine della battaglia, nell'annunciarne la fine alla Camera dei Comuni, disse: Bisogna davvero inchinarsi dinanzi ai resti di quelli che furono i Leoni della Folgore". (Santo Pelliccia, 70 anniversario della Battaglia di El Alamein, 09 ottobre 2012, Maddaloni, Caserta)

La "Folgore" è questo. Coraggio, onore, impegno, abnegazione, solerzia, operosità, determinazione, perseveranza… Come dice spesso il Tenente Colonnello Gianfranco Paglia, Medaglia d'Oro al Valor Militare: "Qualsiasi meta un individuo possa prefissarsi l'importante sarà crederci, provarci fino alla fine, indipendentemente dal risultato finale. Questo, a mio avviso, può fare la differenza e rendere grandi gli Italiani". Nessuna parola potrebbe essere aggiunta. In "Folgore" si insegna ai Parà che non è importante fare chissà cosa ma far bene ciò che viene comandato di fare. Tra i Parà tanto è importante "Aquila 1" quanto un ripiegatore di paracadute; nella Brigata non ci sono militari di seria a e militari di serie b. In Brigata ci sono solo continuatori della grande storia dei Leoni, degli Arditi e di quanti hanno versato il Sangue per la Patria.

Queste non sono parole di circostanza ma la pura e semplice essenza di ciò che significa essere un Parà, di ciò che significa appartenere alla "Folgore". I militari della "Folgore" - dal Comandante della Brigata al Caporale della porta carraia - hanno ben chiaro il loro ruolo all'interno della Forza Armata e hanno ben presente che - nonostante abbiano mogli, madri, figli, fratelli e sorelle - il loro cuore appartiene alla Bandiera. Per far ben capire questo concetto mi affido alle parole luminose e lungimiranti di un militare, un ufficiale, un eroe dall'animo lindo, lo sguardo fulgido e il cuore impavido: il Generale Rodolfo Sganga: "Le Bandiere di Guerra sono il simbolo della nostra storia, delle nostre tradizioni, dei nostri valori; sono il simbolo di tutto ciò in cui noi crediamo. Specialmente oggi, in questo momento storico, di valori che si modificano; qualcuno direbbe: "si modernizzano". Il Tricolore continua a darci la direzione e la bussola. La Bandiera di Guerra è l'identità del Reggimento, è l'identità di ognuno di noi che facciamo parte di quel Reggimento, è il simbolo attorno al quale stringersi "per fare quadrato", per rammentare la nostra storia e tutti coloro che ci hanno preceduto, che fanno parte di questa storia. La Bandiera è la "grande signora" che ogni comandante deve servire e a alla quale deve ispirarsi in ogni momento in cui è richiesta una decisione; è la stella polare del comando. Questa è la ragione per cui meglio morti in combattimento che privati della propria Bandiera. Nel momento esaltante dell'aviolancio, oggi come ieri, rendiamo omaggio ai nostri valori, ai nostri uomini e donne, alle nostre tradizioni, onorando le nostre meravigliose Bandiere di Guerra. Viva la Brigata Paracadutisti Folgore!". (Generale di Brigata Rodolfo Sganga, discorso al 75esimo Anniversario della Battaglia di El Alamein)

Carissimi, a conclusione di questo Post, voglio ringraziare tutti quelli che fra voi mi seguono con affetto, stima ed interesse. Io scrivo ciò in cui credo e cerco di narrare le cose da un punto di vista concreto, "terra terra". Non sono un giornalista e quindi non mi compete la cronaca. Non sono un militare e quindi posso permettermi "il lusso" di dire ciò che penso senza paura di incappare in scivoloni istituzionali. Non sono un politico e quindi sono libero di poter esprimere i miei pensieri senza dover sottostare al fastidioso "politicamente corretto". 

Scrivo delle Forze Armate senza averne fatto parte, lo faccio in modo sommesso, in punta di piedi, con religioso rispetto. Quando scrivo questi Post li leggo e rileggo mille volte prima di pubblicarli perché desidero suscitare nei miei lettori un senso di appartenenza, di stima e di commozione. Appartenenza? Sì, appartenenza perché noi Italiani siamo pezzetti di Tricolore e i soldati in servizio sull'uniforme hanno lo scudetto tricolore cucito sul braccio. In un certo qual modo, dunque, ciascuno di noi è appartenente alla Forza Armata non come unità in servizio ma come realtà inscindibile ed imprescindibile dal cuore del soldato che ha giurato di servire la Patria.

Nelle prossime settimane, a Dio piacendo, vi narrerò ancora qualche cosa che riguarda la "Folgore" per celebrare - almeno in modo virtuale - le sue innumerevoli gesta eroiche.

Viva l'Italia, viva l'Esercito, viva la Folgore!

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

domenica 4 ottobre 2020

Il Generale Vergori e la Brigata Paracadutisti "Folgore": connubio di eccellenza

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi ho deciso di dedicare un po' di tempo alla Brigata Paracadutisti "Folgore" ed al suo attuale Comandante, Generale di Brigata Beniamino Vergori.

Innanzitutto va detto che questo grande ufficiale di origine salentina ha una lunga, lunghissima, storia all'interno della Forza Armata e del mondo paracadutistico militare. All'interno della "Folgore", infatti, Vergori è stato a comando di numerose e diverse unità operative, ha ricoperto il ruolo di Capo di Stato Maggiore e di Vice Comandante della Brigata. Ha lavorato al fianco di grandissimi Comandanti, uno fra tutti il suo predecessore Rodolfo Sganga, da cui ha appreso i segreti e le peculiarità specifiche di buon comando.

Ad oggi, sotto la magistrale guida del Generale Vergori, la Brigata Paracadutisti "Folgore" è l'unità d'elite e d'eccellenza dell'Esercito Italiano. Inquadrata nella Divisione "Vittorio Veneto" è composta da Centro Addestramento Paracadutismo, Reparto Comando e Supporti Tattici "Folgore", 183 Reggimento paracadutisti "Nembo", 185 Reggimento artiglieria paracadutisti "Folgore", 186 Reggimento paracadutisti "Folgore", 187 Reggimento paracadutisti "Folgore", 8 Reggimento genio guastatori paracadutisti "Folgore", 3 Reggimento "Savoia Cavalleria", Reggimento logistico "Folgore".

Con questo fior fiore di elementi ed unità la Brigata "Folgore" è impegnata in tutte le operazioni nazionali ed internazionali con interi reggimenti, piccoli nuclei specializzati o con singoli Parà "prestati" ad altri Corpi della Forza Armata per rendere più rapido, pulito e specifico l'intervento militare. E' impegnata anche sul territorio nazionale con l'Operazione "Strade Sicure" e non di rado si vedono i ragazzi dell'8 Reggimento Genio Guastatori nelle nostre città per il disinnesco e la bonifica di ordigni e residuati bellici. Nel solo 2019 i Paracadutisti guastatori hanno svolto, in tal senso, circa 250 interventi.

Nonostante questo "Aquila 1" e suoi uomini non sono ancora soddisfatti. A fine settembre, in occasione della sua visita alla Brigata, il Generale di Divisione Angelo Michele Ristuccia, Comandante della Divisione "Vittorio Veneto", si è sentito dire dai suoi Parà che ora la Brigata desidera "approfondire maggiormente l'evoluzione delle nuove forme di minaccia alla sicurezza nazionale e vuole fortemente ottenere una migliore configurazione per rispondere con efficacia alle esigenze connesse con i mutevoli scenari d'impiego, al fine di contribuire alla salvaguardia degli interessi nazionali". (Fonte: Analisi Difesa)

La "Folgore", quando si tratta di difendere e salvaguardare il Popolo Italiano, non ha eguali; non si accontenta e non si sente mai all'altezza. Un vero Parà lo si riconosce dall'umiltà e dal senso di inadeguatezza che si porta cucito addosso. I Parà non sono "spacconi", "supponenti" e "chiacchieroni": le parole dei Parà sono i fatti e - credetemi - a fatti non sono secondi a nessuno! Basti pensare che dove gli altri non vogliono o non sono in grado di andare la Difesa manda la "Folgore" perché nessuno come loro sa intervenire in modo tempestivo, efficace ed oserei dire "chirurgico" sulle situazioni di maggiore pericolosità e rischio.

Carissimi, ormai è chiaro e lapalissiano il mio amore e la mia stima per i Parà. A loro vanno tutta la mia devozione, stima ed apprezzamento per quel che fanno e che hanno fatto. La "Folgore" ha un legame forte ed indissolubile con l'Italia e non si può guardare il Tricolore senza vedervi attraverso il bellissimo basco amaranto che - lo dico con chiarezza - non è solo un copricapo ma bensì un pezzo di cuore poggiato sul cranio.

Viva l'Italia, viva l'Esercito, grazie Parà!

Andrea Elia Rovera

Responsabile per la Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

giovedì 1 ottobre 2020

A servizio del Tricolore: omaggio al 1 Caporal Maggiore Luigi Giuseppe Lima

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", nel 2017 scrissi un post nel quale narravo la storia del Colonnello Giuseppe Lima, Pilota dell'Aviazione dell'Esercito, Caduto nel 2005. Da quel tragico 30 maggio sono trascorsi 15 anni.

Il Colonnello Lima, cadendo nei cieli dell'Iraq, lasciò la moglie Leandra, i figli Luigi Giuseppe, Federico e Gabriele Giuseppe (all'epoca dei fatti ancora nel grembo materno).

Oggi, con questo post, intendo parlarvi proprio di Luigi che è un ventenne serio, educato e - come il suo papà - militare.

Luigi, infatti, pur potendo ambire a un buon numero di "posti riservati nella Pubblica Amministrazione ai figli e famigliari dei Caduti in servizio", ha scelto di iniziare a servire la Patria nell'Esercito Italiano per portare avanti il nome dei Lima, la tenacia di suo padre e l'orgoglio di chi darebbe la vita pur di poter dire: "ho servito il Tricolore!".

Luigi si è arruolato nel dicembre 2018, ha frequentato il primo Addestramento presso il 17 Reggimento Addestramento Volontari "Aqui" di Capua per essere poi destinato come Volontario in Servizio Permanente al 6 Reggimento Genio Pionieri di stanza presso la Caserma Cecchignola di Roma. Qui è inquadrato all'interno della Compagnia Pionieri. Nel primo anno di servizio presso il 6 Reggimento ha acquisito la qualifica di Pioniere dopo aver brillantemente sostenuto il Corso di Qualifica nel 2019. 

Oggi Luigi ha il grado di 1 Caporal Maggiore e, proprio come suo padre, è molto serio, responsabile ed innamorato della Forza Armata. Lo conosco ormai da tre anni e non passa giorno nel quale non mi illumini sul suo percorso militare, sulle sue aspirazioni e sul cammino formativo. L'Esercito Italiano - a lui come agli altri - da la possibilità di apprendere scienza e tecnica, imparare il difficile "mestiere delle armi", e formare la coscienza a saper agire in ogni situazione e nei contesti più disparati.

Per fare questo, la Forza Armata impiega i giovani soldati - tra le altre - nell'Operazione "Strade Sicure". In questo delicato servizio i singoli militari si trovano a dover gestire situazioni a contatto con la popolazione civile, in un contesto urbano, in stretta collaborazione con le Forze dell'Ordine, a tutela della sicurezza e a presidio dei punti di maggiore sensibilità strategica del nostro Paese.

Al momento il 1 Caporal Maggiore Luigi Lima è impegnato in "Strade Sicure" nella Capitale e, ogni giorno, sperimenta quanto l'addestramento e la formazione sin qui ricevute gli siano utili ed indispensabili per svolgere al meglio il servizio al quale è stato destinato dai superiori.

Grazie a questi due primi anni di servizio nel cuore di Luigi Lima è nato il nobile desiderio di studiare e formarsi quanto più possibile al fine di poter accedere all'Accademia Militare di Modena e diventare Ufficiale dell'Esercito come suo papà. Per il poco che può valere, sono certo che ce la farà. L'Accademia non è solo un centro di altissima formazione ma è anche e soprattutto un luogo deputato a formare comandanti dal cuore puro e dal pensiero fulgido. Luigi, per come lo conosco, incarna appieno tutte queste qualità.

Carissimi, questo Post per me ha un valore sommo e sovrumano perché nasce dal desiderio di voler e poter raccontare ciò che può  scaturire da un atto tragico come la Caduta in Servizio di un militare.

Quando si da l'estremo saluto ad un Caduto sembra che tutto sia finito per sempre ma la storia della Famiglia Lima ci dice che non è così ed io sono onorato di poter essere l'autore di questo Post.

Al 1 Caporal Maggiore Luigi Lima porgo i miei personali auguri per una brillante carriera all'insegna del servizio e dell'umiltà e al Colonnello Giuseppe Lima tributo, a nome di tutti voi miei cari lettori, gli Onori che spettano agli eroi.

Viva l'Italia, viva l'Esercito, Onori ai Caduti!

Andrea Elia Rovera 

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

mercoledì 30 settembre 2020

Guardie Giurate: incaricati di pubblico servizio o facili bersagli per delinquenti abituali?

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", come ben sapete, fra le mie amicizie ci sono molte brave persone che servono la collettività come Guardie Particolari Giurate (G.P.G.). Purtroppo proprio da loro, non di rado, vengo a sapere che in Italia è nato un nuovo sport: il tiro alla G.P.G. 

Ironia a parte, la questione è molto seria perché durante l'anno è abbastanza frequente leggere di Guardie Giurate aggredite durante l'orario di servizio ed assolutamente abbandonate dalle Istituzioni. I "vigilantes" non fanno notizia e non hanno eco sulle testate nazionali o nei telegiornali delle emittenti ammiraglie. Quando si lavora nel settore privato, e soprattutto nel cosiddetto "Terzo Settore", ahimé si è in balia del vento e pare che ciò che accade non sia degno di essere approfondito dal mondo giornalistico e/o sindacale.


Proprio oggi il mio amico Matteo, G.P.G., mi ha segnalato l'ennesima aggressione ai danni di un suo collega avvenuta il 27 settembre scorso. Il luogo del pestaggio è Crema, la location il Centro Commerciale "Gran Rondò", gli artefici del deplorevole atto dei Cittadini Romeni che pretendevano di entrare all'interno dell'esercizio commerciale senza indossare i dispositivi di protezione individuali imposti dai Decreti anti-Covid.

Chi ha assistito alla vergognosa "bagarre" ha detto di essersi trovato dinanzi ad una situazione da Far West. Il problema è che si era a Crema e non a Cinecittà e che la G.P.G. non era una comparsa di Sergio Leone ma un uomo che, per portare a casa il pane, faceva né più né meno del suo lavoro.

Le Forze dell'Ordine intervenute sul sito in oggetto hanno dichiarato che la furia dei due rumeni è scaturita nel momento in cui le Guardie Giurate han detto loro di mettersi la mascherina e di rispettare le norme igienico-sanitarie previste dai D.P.C.M. vigenti. In quel momento i due soggetti dell'Est Europa hanno iniziato a dare in escandescenza lanciando i cestini del pattume nella galleria ed addosso al personale in servizio.

La Guardia Giurata è intervenuta per calmare l'animo dei due e per garantire l'incolumità e la sicurezza degli altri avventori del Centro Commerciale. Non lo avesse mai fatto. Uno dei due rumeni è uscito dal Centro Commerciale, si è recato alla sua automobile, ed ha preso un crick con cui avrebbe voluto pestare la G.P.G. Per fortuna è stato fermato e - con non poca fatica - le Forze di Polizia sono riuscite a ristabilire l'ordine.

Purtroppo queste storie ormai stanno diventando la normalità e la consuetudine. Sempre più spesso le Guardie Giurate diventano il bersaglio di delinquenti e facinorosi che credono di poter aggredire chi non appartiene ai Corpi dello Stato solo perché non ha la possibilità di trarli in arresto. Questo è vergognoso ed inaccettabile. Le Associazioni Sindacali debbono far pressione sugli organi di stampa, sulle Prefetture e sugli organi competenti affinché gli Incaricati di Pubblico Servizio non passino per gli "scemi del villaggio" ma per lavoratori, seri, responsabili e per bene che - nonostante lavorino nel privato e su commissione - sono tutori dell'ordine e della sicurezza.

Carissimi, come sapete questo mio Blog è famoso per aver sposato "cause perse" ma, nonostante ciò, è molto letto e seguito. Vedete, lottare contro i mulini a vento può essere utopico ma è certamente meglio essere utopisti che irrispettosi o delinquenti.

Ancora grazie, Elia.

lunedì 21 settembre 2020

"Camminare, costruire e, se necessario, combattere e vincere". Cosa c'è di sbagliato in queste parole?

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", poc'anzi ho preso atto del fatto che in Italia è ormai pressoché impossibile esprimere liberamente il proprio pensiero e la propria opinione senza incappare nell'accusa di revisionismo storico.

C'è infatti una frase di Benito Mussolini che, ogni volta che viene pronunciata, fa rizzare i capelli della Sinistra e delle Associazioni Partigiane. La frase "tremenda" risulta essere: "Camminare, costruire e, se necessario, combattere e vincere". Con queste parole l'allora Capo del Governo Italiano Benito Mussolini concluse il suo Discorso alla Città di Torino il 23 ottobre 1932.

Leggendo, come faccio ogni giorno, i giornali locali per vedere cosa accade nella mia terra, mi sono imbattuto in una notizia, a mio avviso, poco consona ai tempi di precarietà e di paura che stiamo vivendo a causa del Covid-19. Le priorità al momento sono altre! 


La Redazione di "Cuneo Dice" scrive che a Scarnafigi: "Nei giorni scorsi la Giunta del sindaco Riccardo Ghigo ha fatto restaurare una frase di Benito Mussolini dipinta lungo il muro di cinta del castello: "Camminare, costruire e se è necessario combattere e vincere". Il primo cittadino ha spiegato che i lavori sono stati inseriti in un contesto più ampio (sono state riviste 15 opere, soprattutto di altre epoche) con il fine di rendere più bello il paese e creare un itinerario turistico. Una ‘giustificazione’ che non ha convinto tutti, suscitando le reazioni di alcuni residenti prima, dell’Anpi poi, e ora del Partito Democratico". (Leggi qui la notizia completa)

A leggere queste poche righe mi è sorta spontanea una domanda: "Per quale motivo si deve osteggiare un sindaco che cerca di portare nel suo comune un pubblico sempre più ampio, al fine di aumentare le entrate di commercianti, ristoratori, ecc?". In fondo, come leggiamo nell'articolo "il sindaco ha spiegato che i lavori [hanno] il fine di rendere più bello il paese e creare un itinerario turistico".

Che le frasi scritte durante il Ventennio Fascista interessino i turisti stranieri non è un mistero, infatti, molti studenti di Harvard, Oxford, Cambridge, ... nelle loro tesi di laurea sull'architettura italiana del '900 riportano spesso le frasi e le scritte che il Governo Mussolini fece realizzare nelle varie aree della nostra Penisola.

Nel Salento, ad esempio, è ancora possibile trovare tombini dell'acquedotto con su impresso il Fascio Littorio. Questo non significa essere filo-fascisti, pro-deportazione, o chissà che altro ma solamente riconoscere alla storia ciò che essa stessa è stata.

Oggi, ad esempio, in quasi tutte le edizioni quotidiane dei telegiornali ci vengono forniti dati calcolati magistralmente dall'I.S.T.A.T. che - per inciso - è stato istituito nel 1926, in pieno Regime Fascista. Eppure scuole, università, organi di informazione citano l'I.S.T.A.T. ed i suoi dati senza rinnegarne il governo fondatore.

A mio avviso, un Sindaco che mira a valorizzare il suo territorio per creare economia, lavoro e sviluppo utilizzando anche una scritta di periodo fascista non è da criminalizzare ma da capire nel contesto in cui lo fa. 

A Cuneo, per esempio, quando si sale la scalinata che conduce all'Ufficio del Sindaco vi è una grande targa marmorea riportante l'Epigrafe al Camerata Kesselring di Pietro Calamandrei. Calamandrei fu un Partigiano e Politico eletto nelle fila del Partito Socialista Democratico Italiano. Pur non condividendo le sue idee e le sue visioni politiche non mi sento oltraggiato da una sua gigantesca epigrafe posta nel palazzo più importante della città. Anzi, credo fermamente che la pluralità di pensiero e di espressione sia la base fondante del costrutto democratico.

A mio modesto parere, rimuovere o coprire le scritte del Ventennio Fascista sarebbe un atto di negazionismo storico-architettonico. Per di più il rinnegamento della propria storia è poco incline all'approfondimento culturale in quanto se l'Italia è quello che è oggi lo deve anche a quel Ventennio (bello o brutto che possa esser stato).

Una nazione, esattamente come una persona, è figlia della sua progenie. Noi non abbiamo lo stesso modo di pensare dei britannici perché non abbiamo avuto la loro stessa storia politica, religiosa, militare, ecc... Una scritta su un muro all'ingresso del paese - secondo me - non è né pericolosa, né apologetica, né tanto meno una minaccia per la democrazia.

Eppure il Partito Democratico - legittimamente in Democrazia - la pensa diversamente. In una nota scrive infatti: "sconcerto e forte preoccupazione per la vicenda del restauro delle frasi fasciste apposte sul muro di cinta del castello, proprio all’entrata di Scarnafigi. Sconcerto per il modo con cui questo intervento è  stato deciso e realizzato. Capiamo le esigenze di salvaguardia storica dei segni del nostro passato, ma crediamo altresì che ben altre debbano essere le priorità degli interventi pubblici. C’è forte preoccupazione per queste nostalgie per il ventennio fascista, che ultimamente è confermata da troppi segnali e che noi respingiamo in modo netto e deciso. Il PD provinciale dà pieno appoggio alle iniziative degli Scarnafigesi a difesa di uno spazio politico democratico e antifascista, contrastando la deriva di destra che l’attuale amministrazione sta tentando di imporre alla comunità di Scarnafigi".

Sinceramente non so se il Sindaco voglia imporre una "deriva di destra" alla sua città. In fondo, come leggiamo nell'articolo, sono state restaurate e riportate all'antico splendore 15 opere (tra cui quella della contesa). Se l'intento del Sindaco fosse stato fazioso, secondo me, avrebbe restaurato solo quella riportante le parole di Mussolini.

Carissimi, a conclusione, credo che in un momento storico come il nostro sia prioritario occuparsi di lavoro, sviluppo, welfare, sanità e formazione. Per me sono fonte di "sconcerto e forte preoccupazione" la disoccupazione giovanile, il dilagare di sostanze stupefacenti, l'aborto, l'eutanasia, la persecuzione dei Cristiani nel mondo, i tanti agenti della Polizia Penitenziaria che si suicidano ogni anno, i militari colpiti da stress post-traumatico, i Caduti in servizio, ... il resto passa in secondo piano.

Grazie per il vostro seguito, Elia.

venerdì 18 settembre 2020

Polizia Penitenziaria: tre intossicati a causa dell'impunità dei detenuti

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi torno a parlare della Polizia Penitenziaria che - ancora una volta tocca constatare - è ignorata dalla maggior parte di radio e televisioni.

Il 10 settembre scorso, nel Carcere di Parma, un detenuto dell'Unità Operativa "Media Sicurezza" ha dato fuoco ad alcuni oggetti presenti nella sua cella per futili motivi. Il personale in servizio è intervenuto immediatamente spegnendo le fiamme e portando in salvo tutti gli altri detenuti presenti nel reparto. Purtroppo tre Poliziotti sono rimasti intossicati dal fumo ma, nonostante ciò, non si sono fermati sin tanto che tutti i detenuti non son stati posti in salvo. Al termine delle operazioni di spegnimento e salvataggio i tre agenti sono stati trasportati al Pronto Soccorso per il ricovero e le cure del caso. I sanitari hanno dimesso i tre poliziotti con una prognosi di 10 giorni.

I telegiornali nazionali, ovviamente, non hanno dato la notizia. Gli unici che si sono adoperati a dare risalto alla sventata tragedia sono stati "La Gazzetta di Parma" e il "Sindacato Nazionale Autonomo Polizia Penitenziaria - Si.N.A.P.Pe.". Quest'ultimo, con tempestività e solerzia, ha dichiarato: "nell’Istituto di Parma la situazione sembrerebbe complicarsi ogni giorno di più. Il SiNAPPe da tempo chiede che siano presi provvedimenti immediati anche rispetto alla gestione dei detenuti che, oltre alle opportune premialità per i più meritevoli, dovrebbero prevedere penalità e disincentivi per i reclusi ostili e poco inclini a seguire percorsi rieducativi, volti al reinserimento sociale. Allo stesso tempo, stiamo chiedendo, inascoltati, che vengano ripristinati percorsi detentivi differenziati per detenuti facinorosi e/o affetti da problemi psichici, la dotazione di adeguati strumenti per contenere le crescenti intemperanze della popolazione detenuta (ad esempio il taser), la previsione di percorsi di aggiornamento professionale per il personale di Polizia Penitenziaria, oltre all’immediata revisione delle piante organiche falcidiate dai tagli lineari della riforma Madia. Questi pochi e semplici interventi sortirebbero, a nostro avviso, un immediato effetto sulla sicurezza degli Istituti di Pena e del personale ivi operante, ma dovrebbero essere seguiti da tutta una serie di altri provvedimenti per rendere più utile e sensata l’istituzione carceraria, ad oggi mero contenitore di disagio e sofferenza, tappeto sotto al quale la politica nasconde i propri fallimenti. Nel caso specifico, va trasmessa, con urgenza, la richiesta di trasferimento del detenuto per motivi di sicurezza, ex art.42 O.P., alla Direzione Generale dei detenuti e del trattamento, così come previsto dalla recente circolare del Capo del DAP che, nel delineare le “linee di intervento” ha disposto che a “fronte di episodi di aggressione indirizzati contro il personale in servizio” puntuale dovrà essere “l’attuazione di direttive sui trasferimenti per ragioni di ordine e di sicurezza".

Quel che mi fa più riflettere di tutta la faccenda non è tanto l'atto doloso del detenuto in sé, ma, il modo in cui lo Stato finge di non conoscere il problema delle carceri. Ad oggi non passa settimana nella quale un agente della Polizia Penitenziaria non venga ferito, aggredito o riempito di improperi; tutto questo - ovviamente - il più delle volte passa impunito. I detenuti - o perlomeno la stragrande maggioranza di essi - hanno ben capito che in carcere possono fare pressapoco ciò che più li aggrada senza passare guai o conseguenze.

La Polizia Penitenziaria, oltretutto, è mal equipaggiata e nettamente in sotto organico rispetto alla quantità di "galeotti" che si trova a dover fronteggiare. Spesso gli agenti vengono feriti, in modo anche grave, non perché siano poco formati o incapaci di neutralizzare la minaccia ma perché nella maggior parte dei casi sono 2 o 3 agenti contro 7 o 8 malviventi. La legge dei numeri, ahimé, non lascia scampo.

Carissimi, "Cuore Alpino" è da sempre al fianco di chi indossa una divisa e cerca di portare all'attenzione dell'opinione pubblica - soprattutto quella giovanile - il grande lavoro ed i grandi sacrifici che gli uomini e le donne del comparto sicurezza compiono nel quotidiano. Sicuramente con questo Blog si raggiungono persone che sono interessate a capire cosa accade nel mondo della difesa e della sicurezza. L'obiettivo, infatti, non è fare grandi numeri ma portare sincera solidarietà e vicinanza ai nostri eroi delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine. Spero che questo mio intento traspaia ed arrivi al cuore di chi si immola per noi.

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica 

del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

lunedì 31 agosto 2020

"La Folgore non muore mai!" - L'esempio radioso di Santo Pelliccia

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", oggi è una giornata particolarmente triste per me e per chi ama la Brigata Paracadutisti "Folgore". Un anno fa, infatti, per l'ultima volta, volava in cielo un uomo, un eroe, un Parà: Santo Pelliccia.

Quando si parla di Santo non si può non pensare alla Battaglia di El Alamein dove - come cita la celebre frase -: "Mancò la fortuna, non il valore". In quella terra spoglia e desolata molti nostri soldati, compatrioti, giovani di belle speranze hanno reso l'anima al Padre cadendo sul suolo polveroso. Santo Pelliccia ogni volta che veniva intervistato faceva in modo di parlare di El Alamein e dei leoni che - a differenza sua - non ce l'avevano fatta. Santo Pelliccia era così: niente per sé, tutto per gli altri.

Qualche anno fa, intervistato dal bravo Giuliano Tristo, Santo disse: "L'unica cosa che non ci mancava era il coraggio. Gli Inglesi, verso la fine della guerra, quando videro che non riuscivano a spuntarla in nessun modo, crearono i Reparti anti-Folgore. Io sono un modesto rappresentante di quei ragazzi che in Africa hanno dimostrato - ancora una volta - che l'Italiano è superiore agli altri e posso permettermi di dire anche a nome loro: Grazie!". (Video integrale qui)


Cinque anni prima di rendere l'anima al Padre, intervistato da Banca della Memoria Roma, diceva: "Io ho combattuto a El Alamein, in Egitto. Ero nel 1 Reggimento Paracadutisti. Avevo appena compiuto 19 anni. Ho combattuto in buche perché eravamo troppo pochi per avere le trincee; ognuno di noi aveva la sua buca situata lungo il confine. Eravamo armati di mitragliatore o di moschetto; i capo squadra e i vice capo squadra, invece, avevano i mitra. Per gli attacchi ai mezzi usavamo le bombe a mano e le mine magnetiche che avevamo catturato agli Inglesi. La Battaglia di El Alamein è durata circa otto giorni, continui, senza sosta. Riuscivamo a dormire un poco soltanto durante il giorno anche se dovevamo stare sempre attenti perché i cannoni nemici non riposavano mai. Al termine degli otto giorni abbiamo ripiegato ma non ci siamo mai arresi, non c'è stata resa, la Folgore non si è mai arresa. Ci è stato ordinato di ripiegare su altre posizioni ed abbiamo dovuto obbedire. Non ci siamo arresi. Ci è stato ordinato di distruggere alcune armi e di cessare il combattimento. Sono stato fatto prigioniero in Egitto; la mia prigionia è durata circa tre anni e mezzo. Nel 1945, con l'armistizio, siamo passati da prigionieri a cooperatori; eravamo sempre nei campi di concentramento ma era un po' meglio. Il tempo nel campo di concentramento si passava distesi in tenda per consumare meno energie possibili visto che l'alimentazione non era molto abbondante. E' stata un'esperienza durissima, la prigionia non è mai buona. Mangiavamo una brodaglia con qualche nervo di carne, un pezzo di pane e basta. Eravamo solo italiani perché i tedeschi erano in un altro campo. Gli inglesi, durante la nostra prigionia, costruirono l'esercito più potente del mondo e dissero: Ufficiali tedeschi, materiale americano, soldati italiani. Dovrebbero saperlo gli italiani che all'estero i nostri soldati sono i più apprezzati. Gli italiani hanno dimostrato che sono superiori agli altri. Eravamo senza mezzi, avevamo alimentazione scarsa, però abbiamo tenuto testa al più potente esercito mai messo in campo in Africa. (Video integrale qui)

Poche settimane prima che Santo morisse, il 12 luglio 2019, il Colonnello R.O. Carlo Calcagni, andò all'Ospedale Militare di Anzio per fargli visita e in quell'occasione registrò un bellissimo video nel quale - secondo me - è contenuto il testamento spirituale del grande Santo: "Sempre forza e coraggio perché la forza può mancare ma il coraggio mai. Siamo sempre Paracadutisti, sempre, lo saremo sempre. La Folgore vivrà oltre tutto, la Folgore non muore mai! Non dobbiamo mai dimenticare chi ha dato la propria vita per la Patria. Mi auguro di poter dire queste cose a tutti i Paracadutisti, Forza Folgore! Grande Folgore! Mai arrendersi! Arrivederci a Livorno!". (Video integrale qui)

Ed è proprio nei cieli blu di Livorno che voglio pensare si trovi Santo Pelliccia. Quella Livorno che egli ha amato con cuore puro, candido e cristallino. Purtroppo non ho mai avuto il piacere di incontrare Santo Pelliccia da vicino. Lo vidi all'Altare della Patria qualche anno fa, mi pare fosse il 2010. Non ho potuto onorarlo ed avvicinarlo ma in ogni video in cui lo vedevo restavo colpito dai suoi occhi. Occhi profondi di chi ha visto il mondo cambiare, mutare, crescere... Occhi profondi di chi ha visto la morte in faccia, di chi ha chiuso gli occhi ai suoi compagni d'armi, di chi si è chiesto: "perché lui e non io"... Santo Pelliccia non era un uomo come gli altri, non era un italiano come tanti; egli era un eroe, un eroe vero, un sopravvissuto, un pezzo fondamentale della memoria storica e militare del nostro Paese.

Con Santo Pelliccia se n'è andato un pezzo di Italia ma, per obbedire alle sue parole, possiamo dargli ancora onore e continuità non dimenticando chi ha dato la propria vita per la Patria.

Viva l'Italia, viva la Folgore, onori a Santo Pelliccia!

Andrea Elia Rovera