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mercoledì 30 settembre 2020

Guardie Giurate: incaricati di pubblico servizio o facili bersagli per delinquenti abituali?

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", come ben sapete, fra le mie amicizie ci sono molte brave persone che servono la collettività come Guardie Particolari Giurate (G.P.G.). Purtroppo proprio da loro, non di rado, vengo a sapere che in Italia è nato un nuovo sport: il tiro alla G.P.G. 

Ironia a parte, la questione è molto seria perché durante l'anno è abbastanza frequente leggere di Guardie Giurate aggredite durante l'orario di servizio ed assolutamente abbandonate dalle Istituzioni. I "vigilantes" non fanno notizia e non hanno eco sulle testate nazionali o nei telegiornali delle emittenti ammiraglie. Quando si lavora nel settore privato, e soprattutto nel cosiddetto "Terzo Settore", ahimé si è in balia del vento e pare che ciò che accade non sia degno di essere approfondito dal mondo giornalistico e/o sindacale.


Proprio oggi il mio amico Matteo, G.P.G., mi ha segnalato l'ennesima aggressione ai danni di un suo collega avvenuta il 27 settembre scorso. Il luogo del pestaggio è Crema, la location il Centro Commerciale "Gran Rondò", gli artefici del deplorevole atto dei Cittadini Romeni che pretendevano di entrare all'interno dell'esercizio commerciale senza indossare i dispositivi di protezione individuali imposti dai Decreti anti-Covid.

Chi ha assistito alla vergognosa "bagarre" ha detto di essersi trovato dinanzi ad una situazione da Far West. Il problema è che si era a Crema e non a Cinecittà e che la G.P.G. non era una comparsa di Sergio Leone ma un uomo che, per portare a casa il pane, faceva né più né meno del suo lavoro.

Le Forze dell'Ordine intervenute sul sito in oggetto hanno dichiarato che la furia dei due rumeni è scaturita nel momento in cui le Guardie Giurate han detto loro di mettersi la mascherina e di rispettare le norme igienico-sanitarie previste dai D.P.C.M. vigenti. In quel momento i due soggetti dell'Est Europa hanno iniziato a dare in escandescenza lanciando i cestini del pattume nella galleria ed addosso al personale in servizio.

La Guardia Giurata è intervenuta per calmare l'animo dei due e per garantire l'incolumità e la sicurezza degli altri avventori del Centro Commerciale. Non lo avesse mai fatto. Uno dei due rumeni è uscito dal Centro Commerciale, si è recato alla sua automobile, ed ha preso un crick con cui avrebbe voluto pestare la G.P.G. Per fortuna è stato fermato e - con non poca fatica - le Forze di Polizia sono riuscite a ristabilire l'ordine.

Purtroppo queste storie ormai stanno diventando la normalità e la consuetudine. Sempre più spesso le Guardie Giurate diventano il bersaglio di delinquenti e facinorosi che credono di poter aggredire chi non appartiene ai Corpi dello Stato solo perché non ha la possibilità di trarli in arresto. Questo è vergognoso ed inaccettabile. Le Associazioni Sindacali debbono far pressione sugli organi di stampa, sulle Prefetture e sugli organi competenti affinché gli Incaricati di Pubblico Servizio non passino per gli "scemi del villaggio" ma per lavoratori, seri, responsabili e per bene che - nonostante lavorino nel privato e su commissione - sono tutori dell'ordine e della sicurezza.

Carissimi, come sapete questo mio Blog è famoso per aver sposato "cause perse" ma, nonostante ciò, è molto letto e seguito. Vedete, lottare contro i mulini a vento può essere utopico ma è certamente meglio essere utopisti che irrispettosi o delinquenti.

Ancora grazie, Elia.

lunedì 21 settembre 2020

"Camminare, costruire e, se necessario, combattere e vincere". Cosa c'è di sbagliato in queste parole?

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", poc'anzi ho preso atto del fatto che in Italia è ormai pressoché impossibile esprimere liberamente il proprio pensiero e la propria opinione senza incappare nell'accusa di revisionismo storico.

C'è infatti una frase di Benito Mussolini che, ogni volta che viene pronunciata, fa rizzare i capelli della Sinistra e delle Associazioni Partigiane. La frase "tremenda" risulta essere: "Camminare, costruire e, se necessario, combattere e vincere". Con queste parole l'allora Capo del Governo Italiano Benito Mussolini concluse il suo Discorso alla Città di Torino il 23 ottobre 1932.

Leggendo, come faccio ogni giorno, i giornali locali per vedere cosa accade nella mia terra, mi sono imbattuto in una notizia, a mio avviso, poco consona ai tempi di precarietà e di paura che stiamo vivendo a causa del Covid-19. Le priorità al momento sono altre! 


La Redazione di "Cuneo Dice" scrive che a Scarnafigi: "Nei giorni scorsi la Giunta del sindaco Riccardo Ghigo ha fatto restaurare una frase di Benito Mussolini dipinta lungo il muro di cinta del castello: "Camminare, costruire e se è necessario combattere e vincere". Il primo cittadino ha spiegato che i lavori sono stati inseriti in un contesto più ampio (sono state riviste 15 opere, soprattutto di altre epoche) con il fine di rendere più bello il paese e creare un itinerario turistico. Una ‘giustificazione’ che non ha convinto tutti, suscitando le reazioni di alcuni residenti prima, dell’Anpi poi, e ora del Partito Democratico". (Leggi qui la notizia completa)

A leggere queste poche righe mi è sorta spontanea una domanda: "Per quale motivo si deve osteggiare un sindaco che cerca di portare nel suo comune un pubblico sempre più ampio, al fine di aumentare le entrate di commercianti, ristoratori, ecc?". In fondo, come leggiamo nell'articolo "il sindaco ha spiegato che i lavori [hanno] il fine di rendere più bello il paese e creare un itinerario turistico".

Che le frasi scritte durante il Ventennio Fascista interessino i turisti stranieri non è un mistero, infatti, molti studenti di Harvard, Oxford, Cambridge, ... nelle loro tesi di laurea sull'architettura italiana del '900 riportano spesso le frasi e le scritte che il Governo Mussolini fece realizzare nelle varie aree della nostra Penisola.

Nel Salento, ad esempio, è ancora possibile trovare tombini dell'acquedotto con su impresso il Fascio Littorio. Questo non significa essere filo-fascisti, pro-deportazione, o chissà che altro ma solamente riconoscere alla storia ciò che essa stessa è stata.

Oggi, ad esempio, in quasi tutte le edizioni quotidiane dei telegiornali ci vengono forniti dati calcolati magistralmente dall'I.S.T.A.T. che - per inciso - è stato istituito nel 1926, in pieno Regime Fascista. Eppure scuole, università, organi di informazione citano l'I.S.T.A.T. ed i suoi dati senza rinnegarne il governo fondatore.

A mio avviso, un Sindaco che mira a valorizzare il suo territorio per creare economia, lavoro e sviluppo utilizzando anche una scritta di periodo fascista non è da criminalizzare ma da capire nel contesto in cui lo fa. 

A Cuneo, per esempio, quando si sale la scalinata che conduce all'Ufficio del Sindaco vi è una grande targa marmorea riportante l'Epigrafe al Camerata Kesselring di Pietro Calamandrei. Calamandrei fu un Partigiano e Politico eletto nelle fila del Partito Socialista Democratico Italiano. Pur non condividendo le sue idee e le sue visioni politiche non mi sento oltraggiato da una sua gigantesca epigrafe posta nel palazzo più importante della città. Anzi, credo fermamente che la pluralità di pensiero e di espressione sia la base fondante del costrutto democratico.

A mio modesto parere, rimuovere o coprire le scritte del Ventennio Fascista sarebbe un atto di negazionismo storico-architettonico. Per di più il rinnegamento della propria storia è poco incline all'approfondimento culturale in quanto se l'Italia è quello che è oggi lo deve anche a quel Ventennio (bello o brutto che possa esser stato).

Una nazione, esattamente come una persona, è figlia della sua progenie. Noi non abbiamo lo stesso modo di pensare dei britannici perché non abbiamo avuto la loro stessa storia politica, religiosa, militare, ecc... Una scritta su un muro all'ingresso del paese - secondo me - non è né pericolosa, né apologetica, né tanto meno una minaccia per la democrazia.

Eppure il Partito Democratico - legittimamente in Democrazia - la pensa diversamente. In una nota scrive infatti: "sconcerto e forte preoccupazione per la vicenda del restauro delle frasi fasciste apposte sul muro di cinta del castello, proprio all’entrata di Scarnafigi. Sconcerto per il modo con cui questo intervento è  stato deciso e realizzato. Capiamo le esigenze di salvaguardia storica dei segni del nostro passato, ma crediamo altresì che ben altre debbano essere le priorità degli interventi pubblici. C’è forte preoccupazione per queste nostalgie per il ventennio fascista, che ultimamente è confermata da troppi segnali e che noi respingiamo in modo netto e deciso. Il PD provinciale dà pieno appoggio alle iniziative degli Scarnafigesi a difesa di uno spazio politico democratico e antifascista, contrastando la deriva di destra che l’attuale amministrazione sta tentando di imporre alla comunità di Scarnafigi".

Sinceramente non so se il Sindaco voglia imporre una "deriva di destra" alla sua città. In fondo, come leggiamo nell'articolo, sono state restaurate e riportate all'antico splendore 15 opere (tra cui quella della contesa). Se l'intento del Sindaco fosse stato fazioso, secondo me, avrebbe restaurato solo quella riportante le parole di Mussolini.

Carissimi, a conclusione, credo che in un momento storico come il nostro sia prioritario occuparsi di lavoro, sviluppo, welfare, sanità e formazione. Per me sono fonte di "sconcerto e forte preoccupazione" la disoccupazione giovanile, il dilagare di sostanze stupefacenti, l'aborto, l'eutanasia, la persecuzione dei Cristiani nel mondo, i tanti agenti della Polizia Penitenziaria che si suicidano ogni anno, i militari colpiti da stress post-traumatico, i Caduti in servizio, ... il resto passa in secondo piano.

Grazie per il vostro seguito, Elia.

venerdì 18 settembre 2020

Polizia Penitenziaria: tre intossicati a causa dell'impunità dei detenuti

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi torno a parlare della Polizia Penitenziaria che - ancora una volta tocca constatare - è ignorata dalla maggior parte di radio e televisioni.

Il 10 settembre scorso, nel Carcere di Parma, un detenuto dell'Unità Operativa "Media Sicurezza" ha dato fuoco ad alcuni oggetti presenti nella sua cella per futili motivi. Il personale in servizio è intervenuto immediatamente spegnendo le fiamme e portando in salvo tutti gli altri detenuti presenti nel reparto. Purtroppo tre Poliziotti sono rimasti intossicati dal fumo ma, nonostante ciò, non si sono fermati sin tanto che tutti i detenuti non son stati posti in salvo. Al termine delle operazioni di spegnimento e salvataggio i tre agenti sono stati trasportati al Pronto Soccorso per il ricovero e le cure del caso. I sanitari hanno dimesso i tre poliziotti con una prognosi di 10 giorni.

I telegiornali nazionali, ovviamente, non hanno dato la notizia. Gli unici che si sono adoperati a dare risalto alla sventata tragedia sono stati "La Gazzetta di Parma" e il "Sindacato Nazionale Autonomo Polizia Penitenziaria - Si.N.A.P.Pe.". Quest'ultimo, con tempestività e solerzia, ha dichiarato: "nell’Istituto di Parma la situazione sembrerebbe complicarsi ogni giorno di più. Il SiNAPPe da tempo chiede che siano presi provvedimenti immediati anche rispetto alla gestione dei detenuti che, oltre alle opportune premialità per i più meritevoli, dovrebbero prevedere penalità e disincentivi per i reclusi ostili e poco inclini a seguire percorsi rieducativi, volti al reinserimento sociale. Allo stesso tempo, stiamo chiedendo, inascoltati, che vengano ripristinati percorsi detentivi differenziati per detenuti facinorosi e/o affetti da problemi psichici, la dotazione di adeguati strumenti per contenere le crescenti intemperanze della popolazione detenuta (ad esempio il taser), la previsione di percorsi di aggiornamento professionale per il personale di Polizia Penitenziaria, oltre all’immediata revisione delle piante organiche falcidiate dai tagli lineari della riforma Madia. Questi pochi e semplici interventi sortirebbero, a nostro avviso, un immediato effetto sulla sicurezza degli Istituti di Pena e del personale ivi operante, ma dovrebbero essere seguiti da tutta una serie di altri provvedimenti per rendere più utile e sensata l’istituzione carceraria, ad oggi mero contenitore di disagio e sofferenza, tappeto sotto al quale la politica nasconde i propri fallimenti. Nel caso specifico, va trasmessa, con urgenza, la richiesta di trasferimento del detenuto per motivi di sicurezza, ex art.42 O.P., alla Direzione Generale dei detenuti e del trattamento, così come previsto dalla recente circolare del Capo del DAP che, nel delineare le “linee di intervento” ha disposto che a “fronte di episodi di aggressione indirizzati contro il personale in servizio” puntuale dovrà essere “l’attuazione di direttive sui trasferimenti per ragioni di ordine e di sicurezza".

Quel che mi fa più riflettere di tutta la faccenda non è tanto l'atto doloso del detenuto in sé, ma, il modo in cui lo Stato finge di non conoscere il problema delle carceri. Ad oggi non passa settimana nella quale un agente della Polizia Penitenziaria non venga ferito, aggredito o riempito di improperi; tutto questo - ovviamente - il più delle volte passa impunito. I detenuti - o perlomeno la stragrande maggioranza di essi - hanno ben capito che in carcere possono fare pressapoco ciò che più li aggrada senza passare guai o conseguenze.

La Polizia Penitenziaria, oltretutto, è mal equipaggiata e nettamente in sotto organico rispetto alla quantità di "galeotti" che si trova a dover fronteggiare. Spesso gli agenti vengono feriti, in modo anche grave, non perché siano poco formati o incapaci di neutralizzare la minaccia ma perché nella maggior parte dei casi sono 2 o 3 agenti contro 7 o 8 malviventi. La legge dei numeri, ahimé, non lascia scampo.

Carissimi, "Cuore Alpino" è da sempre al fianco di chi indossa una divisa e cerca di portare all'attenzione dell'opinione pubblica - soprattutto quella giovanile - il grande lavoro ed i grandi sacrifici che gli uomini e le donne del comparto sicurezza compiono nel quotidiano. Sicuramente con questo Blog si raggiungono persone che sono interessate a capire cosa accade nel mondo della difesa e della sicurezza. L'obiettivo, infatti, non è fare grandi numeri ma portare sincera solidarietà e vicinanza ai nostri eroi delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine. Spero che questo mio intento traspaia ed arrivi al cuore di chi si immola per noi.

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica 

del CMCS degli Alpini Giorgio Langella