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martedì 30 gennaio 2018

Bruno Pilat, il Carabiniere che ha salvato 218 ebrei

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", a tre giorni dal Giorno della Memoria vi scrivo per raccontarvi la storia di un grande Carabiniere che ha messo a repentaglio la sua vita per salvare quella di 218 altre persone.
La nostra vicenda si svolge nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale e l'eroe di cui stiamo parlando è il Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri Bruno Pilat, nato a Follina (Treviso) il 13 aprile del 1913. Il luogo in cui tutto si svolge è il comune di Aprica dove Pilat è Comandante di Stazione sin dal 27 marzo del 1942. Questo comune di confine si trova nel bel mezzo della triste persecuzione degli stranieri e dei confinati ebrei che dalla Croazia si trovano in quei luoghi.
Pilat non condivide in alcun modo le politiche hitleriane e, pur mantenendo un atteggiamento rispettoso della legge, cerca di collaborare con le comunità ebraiche presenti sul territorio per evitare che queste possano fare brutta fine.
Nel 1943, anno dell'armistizio, il Brigadiere Pilat conosce il reverendo Don Giuseppe Carozzi che, con impareggiabile abnegazione è impegnato da anni nella salvezza dei perseguitati dal Reich.
Ad Aprica gli Ebrei residenti (censiti) sono all'incirca trecento e il richio che partano per i campi d'internato è alto perciò il prete ed il carabiniere - a rischio della loro stessa vita - si adoperano per permettere ai figli di Jahve di raggiungere la non troppo lontana Svizzera. Alla loro impresa si associano il Carabiniere Giuseppe Pina, il Carabiniere Angelo Balsamo, il Carabiniere Gaston Giustetto e il Vice Brigadiere Massimo Apollonio.
Alcuni membri della comunità giudaica di Aprica, però, rimangono dove sono per fare da collegamento tra i fratelli già in Svizzera e quelli ancora in Italia. Il 26 ottobre del 1943 ad Aprica arrivano le SS del Reich per dar seguito all'opera di rastrellamento iniziata già in molti altri comuni della penisola. Ad Aprica, in quel periodo, vi sono ancora le famiglie Pollak, Wilczeck e Pustiscek. La loro deportazione sembra scontata ma il Vice Brigadiere Apollonio, con l'aiuto di un membro della sua famiglia, riesce ad avvertirli e ad instradarli per la Svizzera attraverso il sentiero della morte.
Il Brigadiere Pilat, dal canto suo, continua a dare supporto, soccorso e cure a tutti i prigionieri politici, perseguitati ideologici e quanti sono invisi al regime di Adolf Hitler. Inoltre, rischiando oltre misura, convince tutti i giovani in età militare a non seguire la chiamata ad arruolarsi nelle file della neo-nata Repubblica Sociale Italiana.
Nel 1944, però, si ammala e viene ricoverato in quarantena presso il vicino ospedale di Sondrio. Una volta dimesso decide di non rientrare al Comando di Stazione per aggregarsi alle "fiamme verdi" della Brigata Partigiana locale. Il 05 giugno però viene catturato assieme al Carabiniere Pina e consegnato alle SS per essere deportato nei campi di lavoro del Reich.
Entrambi, dopo esser stati pestati a dovere, vengono inviati nel Campo di Ludwigsburg, alle porte di Stoccarda, dove vengono costretti a fare i magazzinieri sino al giorno della loro fuga e del fortunato rientro in Italia. Il 6 maggio 1945 il Brigadiere Pilat riprende il Comando della Stazione di Aprica e il Carabiniere Pina torna ad espletare parimenti le sue funzioni.
L'esemplare ed eroico comportamento tenuto dal comandante Pilat durante queste tristi vicende gli è valsa la promozione al grado di Maresciallo su proposta del Prefetto e con assoluto benestare del Comando Generale dell'Arma.
Il Maresciallo Bruno Pilat, inoltre, viene insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: "Dava prova di ardimento e di alto sentimento del dovere affrontando da solo ed in località isolata un pregiudicato che poco prima, colto da improvvisa alienazione mentale, si era reso responsabile di grave ferimento, riuscendo a disarmarlo della pistola carica che questi teneva in pugno. Successivamente, mentre traduceva in caserma l'arrestato sebbene da questi ferito di sorpresa alla gola con un coltello e, benché stremato di forze per l'abbondante emorragia, con virile energia gli tenne fronte, colpendolo a morte con un colpo di pistola" e della Medaglia d'Argento al Merito Civile "alla memoria" con la seguente motivazione: "Comandante di Stazione Carabinieri, con generoso slancio ed eccezionale senso di abnegazione, si adoperò durante l'occupazione nazista per alleviare le sofferenze di molti cittadini ebrei jugoslavi confinati nel territorio italiano, proteggendoli dalle violenze fisiche e favorendone l'espatrio clandestino in Svizzera. Catturato e deportato in Germania, subì stenti e privazioni fino al rientro in patria al termine della guerra. Chiaro esempio di elette virtù civiche ed altissimo senso del dovere".
Dopo una vita tanto intensa quanto eroica il Maresciallo dei Carabinieri Bruno Pilat ci ha lasciati nel 2006, all’età di 93 anni, per ricongiungersi al Padre mediante l'intercessione silenziosa della Virgo Fidelis, Patrona dell'Arma.
Carissimi, questa storia meritava di esser narrata perché in pochi la conoscono e in troppi la ignorano. Chi dona la propria vita per il bene di quella altrui merita di essere ricordato e di essere visto dai giovani di ogni tempo come "faro luminoso" della società!
Nella speranza di avervi fatto cosa gradita mi congedo "con la penna" ma non con il cuore.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica 
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

mercoledì 17 gennaio 2018

A Saluzzo una solenne commemorazione per i Caduti della Battaglia di Nowo Postojalowka

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", domenica 14 gennaio, nella bellissima cornice del Comune di Saluzzo (Cuneo), oltre duemila penne nere si sono riunite per commemorare il 75esimo anniversario della Battaglia di Nowo Postojalowka.
La capitale del Marchesato è stata letteralmente inondata da un fiume di uomini con il cappello alpino in testa, lo stemma dell'Associazione Nazionale Alpini sul braccio e il cuore traboccante di emozione e logica mestizia per gli Alpini della Divisione Alpina Cuneense andati avanti in quella che fu la tragica Campagna di Russia.
A rendere ancor più sentita la commemorazione il Labaro dell'Associazione Nazionale Alpini "scortato" da Sebastiano Favero, presidente nazionale ANA, Mauro Barbieri, presidente della Sezione ANA di Saluzzo, Mauro Calderoni, Sindaco di Saluzzo, Federico Borgna, Presidente della Provincia di Cuneo, Paolo Alemanno, Consigliere Regionale del Piemonte e già sindaco di Saluzzo, parlamentari e rappresentanti delle istituzioni.
Colonnello Enrico Fontana, Comandante del "Doi"
Ad impreziosire e solennizzare la grande adunata commemorativa un picchetto preciso e composto del 1 Reggimento Artiglieria Terrestre di Fossano.
Fra i presenti vi era anche il Colonnello Enrico Fontana, Comandante del 2 Reggimento Alpini di Cuneo, già Capo Sezione dell'Ufficio Pianificazione Generale dello Stato Maggiore della Difesa e Ufficiale di lungo corso del 3 Reggimento Alpini di Pinerolo (Torino).
Il Colonnello Fontana, ancora una volta, ha voluto essere presente ad una cerimonia di commemorazione di chi non c'è più onorando la sua storia personale e quella del valoroso Corpo degli Alpini che - generalmente - non lascia cadere nell'oblio il ricordo dei commilitoni Caduti nell'adempimento del proprio dovere.
Toccanti e sentite anche le parole di Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Cristiano Bodo, Vescovo di Saluzzo, che ha presieduto la Solenne Celebrazione Eucaristica commemorativa tenutasi presso il "Pala Crs".
Noi che non dimentichiamo Giorgio Langella siamo contenti di vedere che vi sono momenti ed occasioni per ricordare chi è "andato avanti nel Paradiso di Cantore". Speriamo ed auspichiamo che presto - anche nel Cuneese - ci si mobiliti per commemorare e ricordare gli Alpini Caduti durante le Missioni Internazionali di Pace.
In molte città italiane sono state dedicate vie, piazze, statue e luoghi di aggregazione ai Caduti dell'Afghanistan perché molti sindaci hanno chiaro che senza luoghi della memoria diventa difficile creare buone fondamenta per un futuro pacifico e democratico.
Da anni - assieme alla Vedova del Caporal Maggiore Capo Scelto Langella - mi batto affinché in terra cuneese spunti qualche spazio dedicato alla memoria del nostro Giorgio ma, ad oggi, nulla.
Molti cittadini - per lo più allievi delle scuole superiori, militari e congedati del Battaglione Alpini Susa di Pinerolo - sono venuti con me sulla tomba di Langella per rendere onore ad un Caduto per la Pace troppo spesso dimenticato.
Tutto questo ci da la forza di sperare in un futuro migliore e di continuare a lottare per portare alle future generazioni l'esempio e l'amore per il Tricolore che avevano Giorgio e gli altri 53 Caduti delle Missioni Internazionali di Pace.
Viva l'Italia, viva gli Alpini, onore ai Caduti!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

sabato 13 gennaio 2018

Non tutti ce l'hanno con il Caduto Langella

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi mi sono sentito con Francesca, vedova di Giorgio Langella, Caduto per la Pace in Afghanistan e sono stato messo al corrente del fatto che un Cittadino ha scritto al settimanale cattolico "La Guida" per replicare ad una lettera contro l'albero di Natale di qualche settimana fa.
Come pubblicai quella, per dovere di cronaca, pubblico anche questa:
"Egregio Direttore, vorrei rispondere alla lettera "Albero di Natale al cimitero". Premetto che non ho visto l'albero in questione ma posso immaginare dove fosse collocato... Però non vedo proprio che mettendo un albero di Natale non si possa avere rispetto dei nostri defunti, ho visto altre tombe che hanno messo degli alberelli, stelle, candele di Natale. Anzi forse è un modo per essere più vicini ai nostri defunti che sono mancati in giovane età! Il Natale è luce, gioia, famiglia... apriamo un po' di più i nostri cuori così avremo rispetto dei nostri cari defunti! Lettera firmata".
Non riesco sinceramente a capire il motivo per il quale contro Giorgio Langella ci siano tutto questo odio e questa acredine ma sono contento che ci siano cittadini onesti che hanno il coraggio di schierarsi dalla sua parte senza paura.
Sempre oggi ho incontrato degli ex-Alpini che si sono meravigliati per tutto quello che la memoria del Caduto Langella ha dovuto subire in questi anni. Ho spiegato loro un po' di cose nella speranza che possano aiutarmi nella diffusione della storia di Giorgio e degli altri 53 Caduti delle Missioni Internazionali di Pace.
Mi sono parsi tutti ricettivi e ben disposti. Vedremo come evolverà la situazione. Per il momento mi limito a quel che ho visto e ringrazio di cuore il misterioso autore della lettera replicatoria comparsa su "La Guida".
In attesa di comunicarvi nuovi ed eventuali sviluppi vi saluto e vi ringrazio per l'affetto con cui seguite questo mio Blog.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

martedì 9 gennaio 2018

Il Colonnello Carlo Calcagni - Un uomo dal "Cuore Alpino"

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi torno a scrivervi per raccontarvi l'ennesimo grande gesto di solidarietà compiuto in favore del Caporal Maggiore Capo Scelto Giorgio Langella, Caduto per la Pace nel 2006.
A compierlo è stato un uomo granitico, un uomo dal cuore grande, un militare affetto da una grave malattia neurologica cronica, degenerativa, irreversibile, causatagli dall'esposizione all'uranio impoverito durante una Missione Internazionale di Pace nel 1996 in terra balcana.
Il nome di questo gigante della moralità e del senso del dovere è Carlo Calcagni, Colonnello del Ruolo d'Onore dell'Esercito Italiano.
Carlo, mi permetto di chiamarlo per nome visti l'affetto e l'amicizia che ci legano, è una specie di supereroe. Ne passa ogni giorno di cotte e di crude: quotidianamente si sottopone a diciotto ore di ossigenoterapia per alleviare la sua grave ipossia dei tessuti, sette iniezioni di immunoterapia a basso dosaggio, quattro o cinque ore di flebo cariche di farmaci, un'ora di sauna ad infrarossi, plasmaferesi (una sorta di dialisi), trecento compresse e pastiglie unite ad un'intera notte di ventilazione polmonare attaccato ad una macchina.
Carlo vive una vita completamente impregnata di dolori, sofferenze e difficoltà ma ha un motto che recita come un mantra: #maiarrendersi! Se uno gli chiede come affronta tutto questo lui gli risponde: "Chi è stato militare un giorno lo è e lo sarà per sempre. La mia professione? Una vera e propria passione, oltre ad un'innata attitudine. Sono un pilota ed istruttore di elicotteri militari, ho partecipato come pilota in numerose Missioni Internazionali di Pace, ho salvato delle vite e ho reso fiera la mia Nazione. Facendo questo sono rimasto vittima dell'uranio impoverito".
La vita del Colonnello Calcagni è un'intera missione. Tutto quello che fa lo fa sapendo che può essere d'esempio, d'aiuto o di sprono per qualcuno. Carlo Calcagni non è un uomo come gli altri. Carlo Calcagni è il padre che non ho mai avuto e che avrei tanto desiderato avere!
Qualche tempo fa, nonostante le sue mille preoccupazioni, Carlo ha scoperto che raccolgo le monetine rosse per portare avanti progetti in memoria del Caduto Langella e si è offerto di aiutarmi. Inizialmente non mi sembrava giusto perché lui sta già affrontando tante difficoltà e sta dando l'esempio a migliaia di giovani aspiranti militari ma poi mi sono detto: chi sono io per impedire ad un così grande uomo di aiutarmi a donare la speranza grazie alla voce del Vangelo?
Mi sono sentito onorato di poter fare qualcosa assieme ad un grande Ufficiale come Carlo Calcagni. Con lui e grazie a lui ho vissuto il passo evangelico più caro a Gesù: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". (Matteo 25:40)
Carissimi amici, la Raccolta Fondi in favore dei bambini affidati alle cure dei Frati Minori Cappuccini operanti in Etiopia, Benin, Burkina Faso e Ghana continua e, grazie alla generosa offerta di €uro 100,00, che il Colonnello Calcagni mi ha fatto, "in cassa" ci sono €uro 362,57.
Il mio impegno affinché Giorgio Langella possa vivere nel sorriso dei bambini - che egli tanto amava - non si ferma e non si interrompe. Chi vorrà collaborare con me alla realizzazione di sì alto ideale mi contatti senza problema. Un abbraccio.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

domenica 7 gennaio 2018

"Cuore Alpino" da tre anni a fianco delle Forze Armate

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", il mio primo scritto del 2018 vuol essere dedicato agli amati membri delle Forze Armate italiane.
Nel corso dell'Anno del Signore 2017 i nostri soldati hanno tenuto alto l'onore del Tricolore attraverso le Missioni Internazionali, l'impegno a fianco delle popolazioni del centro-Italia colpite dal terremoto e vari servizi sul territorio.
Molti giovani hanno indossato l'uniforme e molti altri si stanno preparando ad indossarla.
Tutti loro sanno - e sono ben consapevoli - che essere un militare richiede sacrificio, abnegazione, impegno, formazione e costante addestramento.
Il militare non termina la propria formazione al Reparto Addestramento Volontari ma si completa giorno dopo giorno con l'aiuto e la collaborazione dei suoi ufficiali, dei suoi commilitoni e della popolazione civile.
Dagli Ufficiali impara la disciplina, l'etica, la tecnica, la compostezza e tutto ciò che serve ad un soldato per essere operativo e pronto a servire la Nazione sempre, comunque e dovunque.
Dai Commilitoni apprende la difficile arte della convivenza che obbliga persone sconosciute a dover vivere assieme ventiquattrore al giorno, sette giorni su sette. Con i commilitoni affronta percorsi formativi, cammini addestrativi, momenti punitivi, spazi di gioia e goliardia, e tutto ciò che nasce spontaneo in un gruppo di persone accomunate dall'amore per la Patria.
Dalla Popolazione Civile acquisisce consapevolezza del fatto che il suo operato sarebbe nullo se non fosse rivolto a persone fragili, deboli, bisognose di essere difese, accolte e tutelate.
Il militare italiano, qualunque grado porti sulle spalline, è un mix di formazione, responsabilità ed abnegazione. Tanto il Generale quanto il Volontario in Ferma Prefissata, infatti, sono personificazione del Tricolore e del sangue versato dagli Italiani che non ci sono più.
Ciascun soldato, in qualsiasi caserma si trovi, è chiamato a portare cuciti sul cuore i nomi e le storie dei militari italiani Caduti nell'adempimento del proprio dovere.
L'uniforme vegetata, che i soldati indossano ogni mattina per andare in caserma, è composta da "macchie" di diverse sfumature di verde. Mi è sempre piaciuto pensare che ad ogni "macchia" corrisponda il nome, la vita e la storia di un Caduto delle Forze Armate.
In fondo, e chi mi conosce bene lo sa, sono profondamente convinto del fatto che non avremmo l'Esercito fiero e glorioso che abbiamo se non ci fossero stati quei soldati che con il sacrificio della loro vita hanno dato lustro e valore alla nostra bandiera.
Spesso, troppo spesso, mi imbatto in Associazioni Combattentistiche e d'Arma che danno per scontate le vite di chi è caduto in servizio oppure - cosa davvero seccante - mi interfaccio con sindaci e rappresentanti delle istituzioni che considerano "mercenario" chi partecipa alle Missioni Internazionali di Nato e Onu.
In moltissime occasioni mi sono sentito dire: "Vanno all'estero per pagare il mutuo perché, sai, le missioni all'estero sono molto ben pagate".
A queste persone ed alle loro offensive esternazioni non voglio dare troppo peso perché, per citare qualcuno di molto saggio, "non sanno quello che dicono".
Desidero che l'Anno del Signore 2018 sia un anno all'insegna della memoria e del rispetto di chi "è andato avanti" nell'adempimento del proprio dovere a difesa delle libere istituzioni e della popolazione civile.
I giovani che oggi frequentano le scuole superiori hanno bisogno di esempi da seguire e di personaggi ai quali ispirarsi. Papa Paolo VI era solito dire che gli uomini di oggi non hanno bisogno di maestri ma di testimoni e asseriva anche che se i giovani accettano dei maestri lo fanno solo perché riconoscono in essi degli autentici testimoni di qualcosa di grande.
I militari italiani - e su questo non ho alcun dubbio - sono testimoni di valori quali la democrazia, la solidarietà, la condivisione, l'aiuto a chi soffre, la costanza, il senso del dovere, ... e tutto ciò in cui la nostra Repubblica Italiana crede ed ha creduto nella propria storia.
Di fronte a chi sventola fazzoletti rossi e bandiere arcobaleno mi intenerisco perché prendo atto di quanto ci sia ancora da fare nel cammino dell'informazione su ciò che viene quotidianamente compiuto dagli uomini delle Forze Armate sul territorio nazionale ed estero.
Con il presente colgo l'occasione per ringraziare quei militari che svolgono funzioni di polizia ventiquattr'ore su ventiquattro, in tutte le province d'Italia, nelle ambasciate, nei consolati e in tutte le realtà diplomatiche ed istituzionali che l'Italia ha all'estero.
Mi riferisco senza ombra di dubbio ai militari dell'Arma dei Carabinieri che, sotto lo sguardo materno della Virgo Fidelis, servono il Popolo Italiano in mille e molteplici forme garantendo così la sicurezza nazionale e la maggior vivibilità nelle nostre città.
Ai membri dell'Esercito Italiano, dell'Arma dei Carabinieri, della Marina Militare e dell'Aeronautica Militare giunga il mio più sincero ed accorato GRAZIE per il servizio svolto, per l'abnegazione quotidiana e per l'alta professionalità con le quali - ogni giorno - mettono a repentaglio lo loro vita per garantire l'incolumità della nostra.
A loro ed alle loro famiglie garantisco la mia personale vicinanza nella preghiera e il sicuro spazio su questo Blog per narrarne le gesta quotidiane ed eroiche affinché le future generazioni possano conoscere ed apprezzare ciò che essi fanno per onorare concretamente il Tricolore.
Viva l'Italia, viva le Forze Armate, onore ai Caduti!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella