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sabato 21 novembre 2020

Colonnello Incursore Giuliano Angelucci: "Io sono del 9 e me ne frego!"

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", questa sera voglio proporvi un bellissimo discorso del Colonnello Incursore Giuliano Angelucci, Comandante del 9 Reggimento Paracadutisti Incursori "Col Moschin", in occasione del suo fine comando per passaggio a più alti incarichi.

"Questo sarà un discorso diverso da quelli che avete sentito uscire dalla mia bocca. Porgo i miei più cordiali saluti alle autorità politiche, militari e religiose, alle Associazioni Combattentistiche e d'Arma, ai rappresentanti della società civile, sociale e a tutti coloro che hanno voluto condividere con la loro presenza questa cerimonia. Un caloroso abbraccio ed un deferente saluto ai famigliari dei nostri Caduti periti e deceduti in servizio. Grazie di averci omaggiato della vostra presenza. Un benvenuto particolare alle autorità convenute da questa bellissima città. Un subordinato saluto all'Ammiraglio di Squadra Cavo Dragone, Comandante del Comando Operativo Vertice Interforze, ed un subalterno saluto al Generale di Divisione Zanelli, Comandante del Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali e nostro Senior quali Incursori in servizio più alto in grado. Grazie per la vostra volontà di essere presenti. 

Agli ordini signor Generale Caruso, Comandante del Comando Forze Speciali dell'Esercito, benvenuto e ancora una volta grazie per aver deciso di condividere con noi la vostra partecipazione a questa cerimonia. 

"Io sono del 9, io sono del 9", quattro semplici parole in cui è racchiusa la grandezza del 9 Reggimento d'Assalto "Col Moschin"; IL reparto. Una breve frase che in realtà rappresenta la maestosità del senso di appartenenza a questo reparto, IL reparto. "Io sono del 9" a significare che non esiste il "mio 9", il "tuo 9", il "nostro 9", il 9 non appartiene a nessuno di noi; tutti noi apparteniamo al 9: IL reparto. Il 9 appartiene esclusivamente all'Esercito e alla nostra amata Italia. "Io sono del 9", il 9 Reggimento d'Assalto, IL reparto per il quale si deve provare un unico puro e rispettoso sentimento: l'amore incondizionato, uno stadio evoluto dell'amore in cui si offre benevolenza a prescindere del tipo di sentimento nel quale non esistono "come mai", "forse", "se", "ma", "perché". 

"Io sono del 9". Il reparto erede delle tradizioni degli Arditi del 9 Reparto d'Assalto della Prima Guerra Mondiale e del 10 Reggimento Arditi della Seconda Guerra Mondiale dal quale ereditò la Bandiera di Guerra, l'impeto, l'audacia ed il coraggio degli Arditi che implacabili assaltavano le posizioni nemiche donandoci un'eredità indelebile e troppo spesso dimenticata che noi cerchiamo di onorare ogni giorno. Lo facciamo perché assolutamente fieri ed orgogliosi di questo lascito e del legame indissolubile con le origini che sono le nostre fondamenta.  Sono schierati di fronte a voi gli eredi di tale patrimonio. 

"Io sono del 9": IL reparto fiero rappresentante dell'etica militare, leale e fedele alla propria missione ed al proprio giuramento. Reparto creato per l'unico scopo di vincere ad ogni costo per neutralizzare la minaccia, per difendere la Patria, per salvaguardare le libere Istituzioni. 

"Io sono del 9": IL reparto impiegato, fra l'altro, ininterrottamente - per circa 15 anni - nei teatri operativi di interesse a volte molteplici, schierando sia unità esclusivamente composte dal personale di reparto sia il cosiddetto "frame work" delle Special Operation Trance Forces Interforze. 

"Io sono del 9". Dico subito, a scanso di equivoci che il 9 Reggimento d'Assalto "Col Moschin" è IL reparto di punta, il più grande reparto, il più capace, il più stimato, il piano mirato non solo dell'Esercito Italiano. Incursori, voi siete l'onore dell'Esercito e delle Forze Armate italiane, anche di tutta Italia. 

Voi direte: "è chiaro che dici questo, sei il Comandante del 9". Ma queste parole non sono le mie, queste parole le ha dette il signor Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Salvatore Farina, il 24 Giugno 2018. 

"Io sono del 9". Fieri figli di quell'Italia che costantemente adempie alle proprie responsabilità, assolvendo ai propri doveri, ai propri compiti istituzionali e le missioni assegnate senza esitazioni - a prescindere - e, fedeli alle parole del Capitano Zaninelli diciamo: "Signor Comandante, io me ne frego; si fa ciò che si ha da fare per la Patria". 

Nel ringraziare tutte le Famiglie del personale del 9, riservo un GRAZIE particolarmente sentito alla mia famiglia: mia moglie Rachele e mia figlia Giulia. Grazie per tutto il supporto che mi hanno dato in questi anni e, a causa della mia assenza, per tutti quegli abbracci, baci mai dati e per quelle coperte mai rimboccate. Vogliate accettare un semplice Presente! in segno di profonda gratitudine. 

Esprimo tutta la mia riconoscenza a voi Ufficiali, Sottufficiali, Volontari e Soldati del 9 per avermi sempre trattato da Comandante e per avermi fatto sentire, in ogni circostanza, il vostro Comandante. Infine, consentitemi di ringraziare il mio Comandante, Generale di Brigata Caruso, grazie!

Amato 9, Addio! Servirti è stato un privilegio. Viva i Reparti d'Assalto, viva il 9 Reggimento d'Assalto, viva tutti i Figli del 9 Caduti in Operazioni, periti in addestramento, deceduti in servizio, viva l'Esercito, viva l'Italia!". (Colonnello Incursore Giuliano Angelucci, Comandante cedente del 9 Reggimento d'Assalto "Col Moschin", 13 marzo 2020, video integrale qui)

Carissimi, questo discorso l'ho ascoltato, riascoltato, letto e riletto più volte ma ogni volta ne sono rimasto ammirato. Gli Arditi, gli Incursori del 9 "Col Moschin" sono delle autentiche macchine da guerra ma, lo avete potuto percepire, sono uomini con un cuore grande, uno spirito libero ed un fulgido pensiero. Uomini come gli Incursori non solo sono il nostro vanto, il nostro orgoglio e la nostra speranza ma sono soprattutto personificazione vivente del Tricolore.

Grazie per il vostro seguito.

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

 

domenica 15 novembre 2020

Antimilitaristi "prendono in giro" la Folgore ed El-Alamein

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi mi è stato segnalato un articolo dal sapore assolutamente vergognoso pubblicato da un sito web chiamato "Umanità Nova".

L'autore dell'articolo ha intervistato un "compagno" della Federazione Anarchica Livornese che - bello orgoglioso - ha detto: "In città è presente l’Accademia Navale e, in generale, la presenza della Marina Militare è molto forte; abbiamo il comando della Brigata “Folgore” dei paracadutisti utilizzata in gran parte dei teatri di guerra in cui è coinvolto lo Stato Italiano, dunque ha un’importanza centrale nelle politiche di guerra e neocoloniali del Governo Italiano oltre ad essere notoriamente caratterizzata da uno spirito identitario fascista e nostalgico, il che ha un’incidenza particolare nel contesto cittadino ed ha dato origine a più riprese a conflitti, scontri con la popolazione ed a molti episodi di contestazione; abbiamo poi nel territorio tra Pisa e Livorno la Base Militare di Camp Darby che è tra le più grandi strutture militari USA presenti in Europa, una base utilizzata tuttora come centro logistico per inviare materiale bellico nei vari teatri di guerra, particolarmente nell’area del Mediterraneo e del Medio Oriente, soprattutto tramite l’utilizzo del Porto di Livorno

La Brigata “Folgore” aveva dato vita ad una serie di manifestazioni pubbliche di commemorazione della Battaglia di El-Alamein. Mi spiego meglio: la commemorazione della battaglia di El-Alamein è, in generale, un momento identitario per la Brigata “Folgore”: una battaglia combattuta dalla Brigata a fianco dei nazisti – tra l’altro persa – e che la Brigata celebrava in forma più o meno privata, con la presenza più o meno fissa di reduci – cosa questa che, per ovvi motivi anagrafici, si sta riducendo di anno in anno. Poi, ad un certo punto, ha cominciato a spostarla all’interno della città".

A questo punto il baldo intervistatore - credendosi simpatico - dice: "Evidentemente non sono superstiziosi, visto che celebrano una sconfitta...". Ed il "compagno" anarchico fa eco: "Infatti li abbiamo presi un po’ in giro anche per questo, con un po’ di slogan e striscioni ironici sul tema… in realtà però quello che celebrano è la collaborazione con il nazismo, l’identità fascista e nostalgica di cui si diceva prima. In questo contesto siamo riusciti a sollecitare tra il 2010 ed il 2013 l’organizzazione di numerose iniziative di opposizione, che hanno visto insieme numerose realtà e sono state partecipate da migliaia di persone, i cui punti nodali era sicuramente l’antifascismo, l’opposizione a questa celebrazione nostalgica, ma più in generale l’antimilitarismo, dal momento che, come si diceva prima, la “Folgore” rappresenta l’emblema delle missioni militari italiane all’estero, quindi contro le spese militari che fagocitano parassitariamente risorse che potrebbero avere destinazioni decisamente migliori a favore della maggioranza della popolazione. Manifestazioni non anarchiche specificatamente ma, come dicevamo, di ampio respiro e che noi abbiamo spinto il più possibile; iniziative che, alla fine, hanno costretto a tutt’oggi la “Folgore” a ripiegare nel chiuso delle caserme il loro momento di autocelebrazione identitaria". (Intervista completa qui)

Vi garantisco che a leggere queste cose mi sono venuti i conati di vomito. Innanzitutto mi chiedo come sia possibile  anche solo pensare di prendere in giro i Reduci di una Battaglia che ha visto morti e feriti. A che titolo questi signori possono permettersi di mancare di rispetto alla Brigata Paracadutisti "Folgore"? Quali titoli e meriti hanno per ritenersi migliori e/o superiori dei Parà?

Ma, la cosa che mi ha maggiormente innervosito e contrariato è stata l'affermazione secondo cui la "Folgore" si sarebbe sentita costretta a ripiegare nel chiuso delle caserme a seguito delle manifestazioni degli antimilitaristi. Stiamo scherzando?

La "Folgore" non ha mai indietreggiato dinanzi a nessuno e, proprio parlando di El-Alamein, bisogna ricordare che "il Primo Ministro inglese; Winston Churchill, al termine della battaglia, nell'annunciarne la fine alla Camera dei Comuni, disse: Bisogna davvero inchinarsi dinanzi ai resti di quelli che furono i Leoni della Folgore". (Santo Pelliccia, 70 anniversario della Battaglia di El Alamein, 09 ottobre 2012, Maddaloni, Caserta)

Chi parla in questo modo della "Folgore" non solo non ha capito di cosa sta parlando ma dimostra di essere in malafede perché, come dice il Generale di Brigata Rodolfo Sganga: "quando si vede la Folgore in azione - seppur con i suoi limiti - si rimane ammirati dalla qualità degli uomini e delle donne che servono la nostra amata Patria".

Questo modo di vilipendere e dileggiare chi non collima appieno con il nostro modo di pensare non è solo maleducato ma anche vergognoso. Quando si parla della Brigata più organizzata, operativa ed autonoma della Forza Armata bisogna avere rispetto. Non vi nascondo - e chi di voi mi conosce lo sa - che quando scrivo dei Parà lo faccio sempre in punta di piedi e mi inoltro nelle argomentazioni con tutto il tatto ed il garbo possibili. Ho sempre paura di sbagliare, sminuire o dire inesattezze e mi documento parecchio prima di postare qualcosa. Vedere che, invece, ci sono persone che parlano di El-Alamein e della Folgore con questa leggerezza e maleducazione mi fa salire il sangue al cervello.

Carissimi, scusate per questo Post molto atipico per questo Blog ma non potevo far passare la cosa sotto traccia e non potevo assolutamente tacere dinanzi all'ignoranza.

"Mancò la fortuna ma non il valore!".

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

mercoledì 11 novembre 2020

Polizia Penitenziaria sempre più sola e dimenticata dallo Stato

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", in queste settimane di lockdown dovuto ai D.P.C.M. del Governo Conte per contrastare la Pandemia da Covid-19, si è sentito spesso parlare della situazione grave ed emergenziale delle nostre carceri. Gli Agenti della Polizia Penitenziaria, infatti, ancora una volta, si trovano a dover affrontare situazioni di grandi criticità in sottorganico.
La gestione fallimentare del Dipartimento per l'Amministrazione Penitenziaria e del Ministero di Grazia e Giustizia è sotto gli occhi di tutti. 
"Quando la Polizia Penitenziaria compare sullo scenario dei mass-media vuol dire che le cose non vanno proprio. Stiamo purtroppo raccogliendo quello che di cattivo noi avevano previsto: violenze, aggressioni, rivolte, ... basta dare un'occhiata ai giornali ed alle televisioni per rendersi conto che il sistema è sfuggito di mano. Purtroppo, ripeto, noi lo avevamo annunciato che le cose non andavano. Abbiamo addebitato sin da subito i peggioramenti alla veloce apertura delle celle che ha consentito ai detenuti di uscire dalla cella ma non di praticare i contenuti della pena. In pratica si sono solo aggregati ed all'ozio si sono aggiunte associazioni tra detenuti. Abbiamo iniziato così con le rivolte. La prima rivolta è stata quella della Casa Circondariale di Salerno; non a caso è successo lì visto che precedentemente noi avevamo denunciato una condizione per cui i detenuti avevano - di fatto - in mano l'Istituto. Infatti ci sono mille episodi che noi abbiamo segnalato. Dopo la rivolta di Salerno la questione si è spostata in altri venti Istituti sull'intero territorio nazionale. La Campania è particolare: qui siamo sempre soggetti ad eventi critici negli Istituti sia per la tipologia di detenuti che noi ospitiamo sia per il territorio ad alta criminalità organizzata.
A Santa Maria Capua Vetere si è creato un fatto per cui i Carabinieri fermavano con posti di blocco i nostri colleghi della Polizia Penitenziaria - addirittura davanti ai famigliari dei detenuti - con notifiche di perquisizione, avvisi di reato, soltanto per acquisire il telefonino personale. Operazione che poteva essere fatta 50 metri più in là nei nostri uffici, nel nostro Istituto, senza essere giudicati da un'opinione pubblica che sicuramente ha avuto un'immagine della Polizia Penitenziaria devastata. Noi siamo stati massacrati in quel momento umanamente e professionalmente. Noi parliamo di perquisizioni domiciliari, personali, fatte ai colleghi davanti ai famigliari di mattina presto solo per acquisire il telefonino. Queste modalità strane ci hanno distrutto professionalmente sono state poi captate dal Procuratore Generale del Distretto della Campania di Napoli che, in quanto responsabile dell'attività della Polizia Giudiziaria ha chiesto chiarimenti ed una relazione dettagliata alla stessa Procura di Santa Maria Capua Vetere e all'Arma dei Carabinieri. Mi sembra sia un caso unico in campo nazionale che un Procuratore Generale chieda conto delle modalità eseguite in questa maniera. 
Al Garante dei Detenuti della Regione Campania che ha denunciato un comportamento sospetto della Polizia Penitenziaria a rivolta già finita io replico che il Garante non deve pubblicizzare, non deve spettacolarizzare sia le denunce all'epoca dei fatti - per le quali fece addirittura un'intervista pubblica in piazza. A me va benissimo l'accertamento dei fatti e sono assolutamente fiducioso nella magistratura ma la spettacolarizzazione come la pubblicazione di queste denunce e dei provvedimenti attuali del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria non possono essere oggetto di pubbliche interviste. Si fa la denuncia all'Autorità Giudiziaria, si deve rimanere in silenzio, avere fiducia dell'attività giudiziaria, ma non si possono anticipare né fatti né contenuti, e noi - come Sindacato - non abbiamo scopi politici, non abbiamo demagogie, strumentalizzazioni. La posizione del Garante è una posizione che soffia sul fuoco di determinate categorie come quella dei detenuti ed ex-detenuti e i risultati, oggi, li abbiamo davanti agli occhi. 
I detenuti l'altro giorno hanno fatto un'altra rivolta a Santa Maria Capua Vetere. Il Garante è convinto che i detenuti non fanno rivolte. Hanno cominciato ad intimare nei confronti dei nostri colleghi l'ordine di uscire fuori dalle sezioni altrimenti avrebbero chiamato il Garante. Vuol dire che qualcosa non funziona più. Pochi giorni fa, la settimana scorsa, i detenuti, di notte, hanno aggredito personale e hanno mandato sei colleghi all'ospedale. Durante la mattinata, poi, alcuni detenuti del Reparto Isolamento "Danubio" hanno aggredito i colleghi di servizio, li hanno cacciati dal Reparto, si sono impossessati delle chiavi e si sono impossessati di tutto il Reparto. Tant'è che è intervenuto il Procuratore, ha condotto la trattativa, sono arrivati uomini di rinforzo. I Poliziotti, però, non avendo più certe le nostre regole d'ingaggio - che sono dettate dagli Ordinamenti - e non avendo più fiducia nell'operato dello Stato che non li tutela si sono rifiutati di rientrare in servizio perché rischiano provvedimenti giudiziari. Le nostre regole d'ingaggio - che sono state contestate nel giorno della rivolta - sono dettate dai nostri Regolamenti; l'articolo 41 dice che in caso di compromissione dell'ordine e della sicurezza nel Reparto, nell'Istituto, si può far ricorso anche alla forza come accade in tutte le Forze dell'Ordine quando ristabiliscono l'Ordine Pubblico".(Intervista ad Emilio Fattorello, Segretario Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (S.A.P.Pe.) visionabile qui)
Ho ritenuto opportuno dar spazio alle parole del S.A.P.Pe. perché mi rendo conto che in Italia la Polizia Penitenziaria risulta quasi essere un'entità fantasma. Nelle Case di Reclusione la situazione è drammatica perché la Polizia Penitenziaria è in sotto organico e - spesso - si trova a dover affrontare orde di detenuti facinorosi che nulla hanno da perdere e che non vedono l'ora di sovvertire l'ordine costituito. Il problema nasce nel momento in cui i poliziotti in servizio devono riportare alla normalità la situazione ed allora devono ricorrere ad azioni coercitive. Lì scattano denunce, segnalazioni e scandali. Ma, e lo dico con rammarico, l'opinione pubblica pare vedere il "lupo nero" nella Polizia Penitenziaria anziché nei detenuti.
Sacrosanto - e menomale che c'è - il Garante dei Detenuti. Unico neo può essere quello di avere una posizione di prevenzione e dubbio costante nell'operato della Polizia Penitenziaria. Dietro alle divise blu della Penitenziaria non si celano dei boia, dei picchiatori o dei torturatori ma uomini e donne che per stipendi nemmeno troppo lauti rischiano la loro vita per il bene della collettività.
Carissimi, ho voluto e desiderato fare questo Post perché credo di dover dire GRAZIE a tutti i membri della Polizia Penitenziaria per quel che fanno nel nascondimento delle alte mura di cinta carcerarie. Il fatto di fare un servizio non visto dagli occhi dei più non fa di quel servizio un qualcosa di inutile o scontato.
Viva l'Italia, viva la Polizia Penitenziaria!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

sabato 7 novembre 2020

Il 201 Corso Allievi Ufficiali "Esempio" ha giurato fedeltà alla Repubblica nelle mani del Generale Rodolfo Sganga

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", il 30 ottobre 2020 - nel bellissimo cortile dell'Accademia Militare di Modena - ha giurato il 201 Corso Allievi Ufficiali "Esempio". Per via del Covid-19 tutti i militari schierati portavano la mascherina chirurgica e non hanno potuto prendere parte né i parenti né gli amici degli Allievi.

Una cosa però è stata unica e degna di nota: il discorso del Generale di Brigata Rodolfo Sganga, Comandante dell'Accademia Militare. Ancora una volta il Generale Sganga ha trasmesso ai suoi sottoposti la grande passione e la grande abnegazione per il "mestiere delle armi". 

Come altre volte ho fatto, ve lo riporto per permettervi di meditare su concetti che non sono mai sufficientemente esplicati ed approfonditi.

"Porgo il mio sincero benvenuto, anche a nome di tutto il personale dell'Accademia Militare, al Generale di Corpo d'Armata Salvatore Camporeale, Comandante della Formazione, Specializzazione e Dottrina dell'Esercito: bentornato a casa Comandante! Saluto il Sindaco della Città di Modena Giancarlo Muzzarelli, Sua Eccellenza il Prefetto Pierluigi Faloni, il Magnifico Rettore dell'Università di Modena e Reggio Emilia Prof. Carlo Adolfo Porro, il Presidente dell'Associazione Nazionale degli Ex-Allievi dell'Accademia Militare Generale Guido Casalgrandi. La vostra presenza è testimonianza palese della vicinanza all'Accademia Militare e di questo vi ringrazio. 

Noi tutti siamo onorati della presenza della Professoressa Paola Del Din, Medaglia d'Oro al Valor Militare, Patriota ed autentico monumento di valori. Con Lei, che da oggi sarà la Madrina del suo 201 Corso Esempio, festeggiamo anche la giornata delle Medaglie d'Oro al Valor Militare ricordando tutti coloro che hanno dato tanto e - nella stragrande maggioranza dei casi- hanno dato tutto nell'adempimento dei doveri in tempo di guerra e di pace. Professoressa, grazie per il suo discorso perché è arrivato diretto al cuore. 

Desidero indirizzare un riverente pensiero ai nostri Caduti che ci indicano costantemente la via del dovere. Consentitemi di salutare l'Allievo Ufficiale Matteo Pieropan che non è qui con noi oggi ma che certamente ci sta seguendo in video. Forza Matteo, noi tutti facciamo il tifo per te! 

Un affettuoso saluto rivolgo, infine, a tutti i Famigliari degli Allievi giurandi, ai quali abbiamo chiesto un sacrificio importante che è quello di seguire i propri figli a distanza proprio nel giorno in cui - a pieno titolo - entrano a far parte della grande famiglia con le stellette assumendo l'impegno di servire l'Italia. So benissimo che ciascuno di voi, in questo momento è intento a seguire la cerimonia su uno schermo, avrebbe voluto essere presente fisicamente. Noi sentiamo comunque la vostra vicinanza e cercheremo di farvi percepire la nostra durante la cerimonia cominciando con il rivolgervi il nostro ringraziamento per aver saputo infondere in questi splendidi ragazzi i principi fondamentali della civile convivenza e della buona educazione. Grazie per averli dotati di quella fiammella che arde nei loro petti e che li ha spinti a rinunciare alle comodità della vita civile scegliendo la via del dovere e del rigore che si imbocca varcando il portone dell'Accademia Militare. Di fronte a voi noi ci impegniamo a proseguire la vostra opera per farne uomini e donne onesti, cittadini esemplari, soldati efficienti e comandanti capaci. Ci impegniamo ad alimentare quella fiammella che dovrà ardere per il resto della loro vita e che li renderà protagonisti nel mestiere delle armi. 

Allievi Ufficiali del 201 Corso "Esempio", con il Giuramento sposate definitivamente il mestiere delle armi, nobile e senza eguali. Questa promessa è ancor più solenne perché formulata alla presenza della nostra Bandiera d'Istituto, autentico scrigno di quei valori a cui noi rispondiamo ed alla quale va il mio più rispettoso saluto. Il Tricolore dinanzi al quale state per impegnare le vostre vite con il Giuramento è il simbolo scelto dai Padri Costituenti per raccogliere l'eredità degli ideali risorgimentali che si esprimono nei suoi colori. Il Tricolore quindi è una cosa seria: simbolo dell'identità nazionale ed emblema di unità. Il Tricolore è la memoria nazionale e rappresenta la nostra Patria che è la terra dei nostri padri, la nostra casa comune. Il Tricolore rappresenta le nostre famiglie unite dalla nostra storia, dalla nostra cultura, dalle nostre tradizioni, dal nostro comune sentire, dalla nostra lingua, dalla nostra Costituzione. Il Tricolore ci rappresenta e ci richiama in maniera imperiosa al rispetto di tutti quei valori che superano la barriera del tempo ed ai quali dobbiamo far riferimento per condurre una vita da buoni cittadini e da soldati. Soprattutto nelle condizioni più difficili - in guerra come nel corso di una pandemia - il Tricolore rappresenta tutti noi come singoli individui e come comunità, perché noi siamo la patria a cui apparteniamo. 

Cari Allievi del 201 Corso, vi state impegnando di fronte al bianco: colore delle nevi delle Alpi, al Rosso delle fiamme e dei vulcani e al verde dell'aprile delle valli come descriveva il nostro splendido Vessillo il Carducci nel Centenario della Sua Nascita. Non dimenticate mai che vi state impegnando al cospetto del Tricolore che rappresenta anche il bianco dei capelli dei nostri nonni che, per la nostra Patria, hanno combattuto. Rappresenta il rosso della passione e del sangue che i nostri nonni hanno versato per regalarci l'Italia come la conosciamo oggi. E rappresenta il verde della speranza che deve animarci per essere sempre all'altezza di chi ci ha preceduto e non deluderli mai. Per rispondere a questa chiamata dovrete attingere alle migliori risorse della vostra mente e del vostro animo, forti di quei valori che l'Accademia Militare vi ha trasferito; il coraggio, il senso dell'onore e del dovere dai quali discendono l'identità morale, la responsabilità, la lealtà, la generosità, l'umile e silenziosa disciplina. Valori altissimi dei quali diverrete custodi con la vostra scelta. Valori nobilissimi con i quali vi apprestate a proseguire la vostra preparazione per essere pronti domani a guidare gli uomini e le donne che avrete alle dipendenze e con i quali servirete le Istituzioni. 

Cari Allievi, dopo questa giornata non potrà più esserci spazio per il compromesso ma se il Tricolore rappresenterà per ciascuno di voi la bussola da seguire in ogni momento difficile in cui sarete chiamati a prendere delle decisioni tormentate non potrete sbagliare. A noi che vi precediamo rimane il dovere di esservi d'esempio. 

Do ora lettura della Formula del Giuramento: "Giuro  di essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le Leggi, e di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere Istituzioni. 

Allievi del 201 Corso "Esempio", lo giurate voi?". (Generale di Brigata Rodolfo Sganga, Modena, 30 ottobre 2020)

Carissimi, ho visto questa Cerimonia in diretta e ho riascoltato il discorso almeno trenta volte. Ogni volta mi sono commosso perché ho ravvisato nelle parole del Comandante un sincero amore per il Tricolore, lo stesso amore che nutro io con tutto me stesso. 

Come avevo detto all'inizio del Post, non è la prima volta che riporto le parole del grandissimo Generale Sganga e - a Dio piacendo - lo farò ogni volta che potrò. Nella mia vita di Blogger e di Italiano non ho mai trovato un uomo così onesto intellettualmente, un militare così profondamente innamorato del Tricolore, un Italiano così patriottico.

A conclusione di questo mio, voglio ringraziarvi tutti per l'affetto e la stima con la quale mi seguite e mi leggete.

Viva l'Italia, viva l'Esercito, onore ai Caduti!

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

martedì 3 novembre 2020

04 novembre 2020 - Festa delle Forze Armate (Parte Seconda) - Ricordo di Gigi Proietti

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", eccomi nuovamente a voi con un Post in preparazione alla Festa delle Forze Armate che si terrà - seppur in modo sommesso - domani. 
Come sapete ieri, 02 novembre 2020, è tornato alla Casa del Padre il grandissimo attore Gigi Proietti che, per chi come me ha qualche capello bianco, è stato "Il Maresciallo Rocca" per nove anni. Lui stesso nel 2018, parlando di questa fiction, disse: "Ho fatto una ferma di nove anni per il Maresciallo Rocca e ancora va in onda da tutte le parti sulla Rai. Il Maresciallo Rocca cantava, cantava per conto proprio. Ovviamente quando un Maresciallo dell'Arma canta non può essere accompagnato da una chitarra e un mandolino, eh ci vuole ben altro, anzi ben altri".  In quel momento, nel teatro nel quale si stava esibendo ha fatto l'ingresso trionfale la Banda dell'Arma dei Carabinieri. Stupore generale.
L'Arma dei Carabinieri, la quarta Forza Armata del nostro Paese - quella con compiti di Polizia -, ha voluto dimostrare a Gigi Proietti l'affetto e la stima per la sua condotta di vita e per il suo impegno nell'aver portato nelle case degli italiani la professionalità e l'umanità degli appartenenti all'Arma.
"La Banda dei Carabinieri fa delle cose classiche, delle marce stupende, anche pezzi sinfonici, e invece io "cantà canto così... tanto pe' cantà 'nsomma. Se po' fà?". Il Maresciallo Comandante della Banda gli rispose subito: "Certo, come no?". 
Per lo stupore di tutto il teatro - e dei milioni di Cittadini dinanzi allo schermo televisivo - la banda inizia ad eseguire il celebre stornello romano "Tanto pe' cantà" reso noto dal grandissimo Nino Manfredi, anch'egli interprete del Colonnello Marino Vinci ne "Il Tenente dei Carabinieri" del 1986. Un momento questo che resterà impresso negli annali della storia televisiva e del varietà per sempre.
L'Arma dei Carabinieri è sempre stata nel cuore del Popolo Italiano e le molte fiction ad Essa dedicate ne sono il segno e la testimonianza. Ieri, durante la trasmissione "Oggi è un altro giorno" in onda su Raiuno, è stata intervistata Veronica Pivetti che nella fiction "Il Maresciallo Rocca" è stata la moglie di Proietti per tre serie. La Pivetti, visibilmente emozionata, ha detto: "Io gli chiedevo [a Gigi] di raccontarmi la barzelletta del gelato al carciofo. Anche se me l'aveva raccontata già duecento volte me la raccontava e alla fine io ridevo e lui pure. Quando c'è il talento fai uno starnuto e lo fai bene. Lui era un raccontatore di barzellette eccezionale. Gigi Proietti non era snob, che è un bruttissimo vizio, brutto, brutto, di un sacco di gente che fa questo mestiere. Lui invece era solo una persona popolare, nel senso più sano e più vero del termine. Era un signore che ha fatto cultura continuamente portando moltissimi attori al grandissimo pubblico ed era felice del grande pubblico. Lui veramente "non se la tirava", era uno diretto e poi era umile. Questo signore lascia un vuoto incolmabile e ne è prova che vanno ancora in replica le puntate del "Maresciallo Rocca". Quando muoiono personaggi di questa portata tu capisci che li hanno buttato via lo stampo, non c'è niente da fare. Se Eduardo De Filippo ha detto di lui: "Finalmente ho trovato un erede" si è detto tutto. Io a cinque anni lo guardavo in televisione, mi ricordo quando la tv aveva Primo Canale ed era in bianco e nero. Sul set de "Il Maresciallo Rocca", lui il mio idolo, ha creato con me un rapporto da collega creando una fluidità, un'intesa e un rapporto lavorativo serio ma al tempo stesso divertente. Non c'erano sovrastrutture con lui". (Intervista completa qui)
Il "Maresciallo Rocca" è andato in onda per cinque stagioni con un totale di trenta episodi dal 1996 al 2005.  Il grande pubblico ha amato molto questo personaggio e l'Arma dei Carabinieri ha sempre stimato la figura di questo Comandante di Stazione serio, ironico e divertente che sapeva essere militare ma al contempo anche "angelo custode" dei cittadini e di quanti si rivolgevano alla sua caserma.
Carissimi, le Forze Armate sono anche questo. Dietro all'uniforme, dietro alle caserme vecchie, vetuste, cupe, ci sono uomini e donne che fanno il massimo possibile per garantire sicurezza, stabilità e incolumità alla Popolazione Civile che hanno giurato di servire assieme al Tricolore ed alle Libere Istituzioni.
Post come questi ne faccio pochi perché non ho un animo romantico ma quando la televisione ha annunciato la morte di Gigi Proietti mi sono scese le lacrime. Sono cresciuto guardando "Il Maresciallo Rocca", a Roma - durante il periodo universitario - andavo a vedere i suoi spettacoli al Teatro Sistina e poi l'ho sempre seguito nei suoi sceneggiati televisivi e programmi di varietà. Una sua interpretazione memorabile ed unica per me resta "Preferisco il Paradiso" nella quale Gigi ha interpretato Filippo Neri, il Santo del buon umore. 
Carissimi, a conclusione di questo mio Post atipico, voglio ringraziare tutti gli uomini e le donne dell'Arma dei Carabinieri per quel che fanno per noi. Voglio ricordare la loro storia. Voglio commemorare Salvo D'Acquisto, Carlo Alberto Dalla Chiesa, e tutti i Caduti dell'Arma. Voglio ricordare Gigi Proietti che voleva molto bene all'Italia, a Roma e ai Carabinieri.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella