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venerdì 18 settembre 2020

Polizia Penitenziaria: tre intossicati a causa dell'impunità dei detenuti

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", quest'oggi torno a parlare della Polizia Penitenziaria che - ancora una volta tocca constatare - è ignorata dalla maggior parte di radio e televisioni.

Il 10 settembre scorso, nel Carcere di Parma, un detenuto dell'Unità Operativa "Media Sicurezza" ha dato fuoco ad alcuni oggetti presenti nella sua cella per futili motivi. Il personale in servizio è intervenuto immediatamente spegnendo le fiamme e portando in salvo tutti gli altri detenuti presenti nel reparto. Purtroppo tre Poliziotti sono rimasti intossicati dal fumo ma, nonostante ciò, non si sono fermati sin tanto che tutti i detenuti non son stati posti in salvo. Al termine delle operazioni di spegnimento e salvataggio i tre agenti sono stati trasportati al Pronto Soccorso per il ricovero e le cure del caso. I sanitari hanno dimesso i tre poliziotti con una prognosi di 10 giorni.

I telegiornali nazionali, ovviamente, non hanno dato la notizia. Gli unici che si sono adoperati a dare risalto alla sventata tragedia sono stati "La Gazzetta di Parma" e il "Sindacato Nazionale Autonomo Polizia Penitenziaria - Si.N.A.P.Pe.". Quest'ultimo, con tempestività e solerzia, ha dichiarato: "nell’Istituto di Parma la situazione sembrerebbe complicarsi ogni giorno di più. Il SiNAPPe da tempo chiede che siano presi provvedimenti immediati anche rispetto alla gestione dei detenuti che, oltre alle opportune premialità per i più meritevoli, dovrebbero prevedere penalità e disincentivi per i reclusi ostili e poco inclini a seguire percorsi rieducativi, volti al reinserimento sociale. Allo stesso tempo, stiamo chiedendo, inascoltati, che vengano ripristinati percorsi detentivi differenziati per detenuti facinorosi e/o affetti da problemi psichici, la dotazione di adeguati strumenti per contenere le crescenti intemperanze della popolazione detenuta (ad esempio il taser), la previsione di percorsi di aggiornamento professionale per il personale di Polizia Penitenziaria, oltre all’immediata revisione delle piante organiche falcidiate dai tagli lineari della riforma Madia. Questi pochi e semplici interventi sortirebbero, a nostro avviso, un immediato effetto sulla sicurezza degli Istituti di Pena e del personale ivi operante, ma dovrebbero essere seguiti da tutta una serie di altri provvedimenti per rendere più utile e sensata l’istituzione carceraria, ad oggi mero contenitore di disagio e sofferenza, tappeto sotto al quale la politica nasconde i propri fallimenti. Nel caso specifico, va trasmessa, con urgenza, la richiesta di trasferimento del detenuto per motivi di sicurezza, ex art.42 O.P., alla Direzione Generale dei detenuti e del trattamento, così come previsto dalla recente circolare del Capo del DAP che, nel delineare le “linee di intervento” ha disposto che a “fronte di episodi di aggressione indirizzati contro il personale in servizio” puntuale dovrà essere “l’attuazione di direttive sui trasferimenti per ragioni di ordine e di sicurezza".

Quel che mi fa più riflettere di tutta la faccenda non è tanto l'atto doloso del detenuto in sé, ma, il modo in cui lo Stato finge di non conoscere il problema delle carceri. Ad oggi non passa settimana nella quale un agente della Polizia Penitenziaria non venga ferito, aggredito o riempito di improperi; tutto questo - ovviamente - il più delle volte passa impunito. I detenuti - o perlomeno la stragrande maggioranza di essi - hanno ben capito che in carcere possono fare pressapoco ciò che più li aggrada senza passare guai o conseguenze.

La Polizia Penitenziaria, oltretutto, è mal equipaggiata e nettamente in sotto organico rispetto alla quantità di "galeotti" che si trova a dover fronteggiare. Spesso gli agenti vengono feriti, in modo anche grave, non perché siano poco formati o incapaci di neutralizzare la minaccia ma perché nella maggior parte dei casi sono 2 o 3 agenti contro 7 o 8 malviventi. La legge dei numeri, ahimé, non lascia scampo.

Carissimi, "Cuore Alpino" è da sempre al fianco di chi indossa una divisa e cerca di portare all'attenzione dell'opinione pubblica - soprattutto quella giovanile - il grande lavoro ed i grandi sacrifici che gli uomini e le donne del comparto sicurezza compiono nel quotidiano. Sicuramente con questo Blog si raggiungono persone che sono interessate a capire cosa accade nel mondo della difesa e della sicurezza. L'obiettivo, infatti, non è fare grandi numeri ma portare sincera solidarietà e vicinanza ai nostri eroi delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine. Spero che questo mio intento traspaia ed arrivi al cuore di chi si immola per noi.

Andrea Elia Rovera

Responsabile della Memoria Storica 

del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

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