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lunedì 25 novembre 2019

Un'eccellenza chiamata N.O.R.M.

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", molti di voi mi hanno chiesto di parlare del Nucleo Operativo Radiomobile dei Carabinieri e del loro servizio h24 svolto in gazzella.
Il N.O.R.M. dell'Arma dei Carabinieri è l'insieme di militari che opera sul territorio a tutela e protezione del Cittadino.
Ogni gazzella del N.O.R.M. pattuglia una zona ben precisa e - in coordinamento con le altre gazzelle - svolge controlli sistematici di polizia atti a prevenire il crimine ed i reati. In una realtà come quella di Milano il N.O.R.M. svolge una media di 50 interventi a turno (6 ore) quindi si parla di circa 200 interventi ogni 24 ore.
Il N.O.R.M. è un reparto di pronto intervento. L'impiego delle gazzelle che vengono dispiegate quotidianamente è diretto a far fronte alle necessità del Cittadino che si rivolge al 112. In più il Radiomobile espleta un'azione di pattugliamento e prevenzione nell'ambito di un piano di controllo coordinato del territorio con le Questure (e le altre forze di polizia) atto ad impedire che i reati vengano commessi.
Giornalmente quindi viene garantita una sorveglianza pressoché totale dell'area che il N.O.R.M. ha in pertinenza. I militari vengono impiegati sulla strada per osservare il territorio, notare eventuali comportamenti illeciti e rendicontare al Comando Provinciale quelle che sono le zone di maggiori criticità e di maggior concentrazione delinquenziale.
Quando si vede una gazzella sostare in aree apparentemente tranquille e/o di bassa affluenza, in realtà, ci si trova dinanzi a due Carabinieri che controllano lo scorrere delle autovetture e monitorano il flusso in determinate ore ed in determinati giorni. Questo tipo di controlli avviene per pianificare in modo efficiente ed efficace ciò che conosciamo più comunemente come "controllo di polizia stradale".
Il Codice della Strada, infatti, è lungo, articolato e cavilloso. I Carabinieri, per farlo rispettare al meglio, cercano di individuare i luoghi più indicati per i controlli e le aree dove è più facile trovare contravventori e "furbetti" della strada.
Nelle piccole città è più facile vedere le gazzelle appostate nei pressi della stazione ferroviaria, di pompe di benzina su strade provinciali, di aree di sosta per camper e caravan, e di luoghi frequentati da autotrasportatori e mezzi pesanti.
Questo ha una spiegazione pressoché logica. Nelle adiacenze delle stazioni ferroviarie è più facile che ci siano incontri fugaci fra spacciatori ed assuntori. Sulle strade provinciali ad alta frequentazione è più facile che vi siano prostitute, auto ad alta velocità, ... Nelle aree di sosta per camper e caravan è più facile trovare soggetti interessati al furto sui mezzi e/o camperisti che svuotano le "acque nere" in modo non conforme alle normative vigenti. In piazzole dove sostano camion, pullman e altri mezzi costosi è altresì importante che i Carabinieri girino per far da deterrente a quanti - complice la notte - credono di poter rubare il carburante dai serbatoi mentre l'autotrasportatore dorme e così via.
Il servizio di pronto intervento quindi non risponde sempre alle chiamate che i cittadini fanno al 112. Molto spesso gli interventi di pattugliamento attenti e mirati dei Carabinieri del N.O.R.M. fanno sì che il cittadino non abbia bisogno di dover chiamare il 112. Sono moltissime le zone delle nostre città che sono diventate sicure grazie al lavoro metodico e costante delle gazzelle del Radiomobile che - con la loro sola presenza - hanno "disturbato" i malfattori convincendoli a desistere dalla condotta criminosa.
Ovviamente non è tutto semplice come ve lo sto descrivendo.  Non di rado capita di imbattersi - soprattutto in orario notturno - in soggetti in stato di forte ebbrezza che "danno di matto" prendendo la strada pubblica per una pista di rally. Quando i Carabinieri del Radiomobile li beccano alla guida procedono con il famoso "test del palloncino". Una volta accertata l'alta concentrazione di tasso alcolemico nel sangue - calmano il soggetto e - dopo qualche minuto - ripetono l'esame per vedere se il tasso rilevato in prima battuta si è attenuato, stabilizzato o affievolito. Spesso, troppo spesso, il soggetto in questione inveisce contro i militari e a volte li aggredisce anche fisicamente. Capite tutti che spesso questo avviene in aree cittadine extraurbane e quindi i cittadini non sono al corrente del controllo effettuato. Qui torno a dire quello che dico sempre. Il fatto che non vediamo i Carabinieri fare controlli di questo tipo non significa che non vengano fatti. I militari dell'Arma non mettono i manifesti per vantarsi di quello che fanno; lo fanno e basta.
I Carabinieri del N.O.R.M. sono soprattutto quegli angeli in uniforme che intervengono quando qualche uomo (indegno di esser definito tale) picchia, maltratta ed aggredisce una donna. I militari del Radiomobile sono quegli eroi silenziosi che entrano nelle case delle donne maltrattate per prestare loro un primo soccorso ed avviare l'iter di protezione della donna in stato di difficoltà psico-fisica.
I Carabinieri del N.O.R.M., in coordinamento con i loro colleghi delle Stazioni, sono quegli angeli custodi che entrano in punta di piedi nella vita di queste donne per convincerle a riprendersi in mano la libertà e la serenità di cui ogni essere umano non può essere privato.
Le donne vittime di violenza soccorse dai Carabinieri hanno tutte ben impressa nella memoria la domanda che il militare in turno ha fatto loro: "Signora, da quanto tempo succede? Da quanto tempo?". Ricordano che - un po' per paura e un po' per amore - la loro risposta è stata evasiva e quasi giustificativa del loro carnefice. Ma ricordano le parole amorevoli e rassicuranti del Carabiniere: "Ricordi che l'amore non è violenza. Non deve permettere a nessuno di alzarle le mani. L'amore non si dimostra con le botte. Lo denunci. Ci permetta di aiutarla e di assicurare il suo aguzzino alla giustizia".
Bene, nella giornata dedicata alle Donne Vittime di Violenza, ho voluto fare il mio piccolo ma sincero encomio ai Carabinieri del Nucleo Operativo Radio Mobile che ho più volte visto in televisione a seguito di testimonianze di donne che - dopo essersi rivolte a loro - hanno riottenuto una vita serena e spensierata.
A quegli angeli dal cappello fiammante, a quegli eroi dalle braghe rigate di rosso, a quegli uomini con gli stivaloni va il mio più devoto ed accorato GRAZIE per ciò che fanno a tutela dei cittadini, dei deboli e dei senza voce.
L'Italia è una grande Nazione e lo è per la presenza di questi Angeli chiamati Carabinieri!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

giovedì 14 novembre 2019

Il Beato Teresio Olivelli, un Alpino morto per amore

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", questa sera voglio parlarvi della storia di un Ufficiale Alpino che è stato beatificato in virtù del suo grande amore e del suo cuore immenso. La sua breve esistenza terrena è durata solo 29 anni ma il segno che egli ha lasciato è stato profondo ed indelebile.
Teresio Olivelli è nato il 7 gennaio 1916 a Bellagio, in Provincia di Como. Cresce in un ambiente profondamente cristiano fatto di studio, sport, e impegno caritatevole. Dopo gli studi superiori va a Milano per frequentare il Corso di Laurea in Giurisprudenza. Purtroppo però l'Italia si trova nel pieno dei tumulti bellici che devastano l'Europa e Mussolini si trova costretto dagli eventi a fare l'alleanza con la Germania nazista di Hitler.
Teresio non condivide la scelta fatta dal Duce ma per senso del dovere ed amor di Patria chiede ed ottiene di partire per la Campagna di Russia come Ufficiale Alpino. La sua motivazione è riassunta in poche ma profondissime parole: "Non ho eroici furori. Solo desidero di fondermi nella massa, in solidarietà col popolo che senza averlo deciso, combatte e soffre".
Questa sua motivazione viene vissuta concretamente nella vita al fronte. Mangia poco per lasciare razioni più sostanziose a chi ha fame, crea piccoli cenacoli di preghiera in luoghi improvvisati per diffondere la speranza in una terra apparentemente abbandonata da Dio, chiacchiera per ore con tutti i commilitoni in modo da farli sfogare e non farli crogiolare fra gli orrori della Guerra.
Nel 1943, dopo atroci sofferenze, riesce a lasciarsi le steppe russe alle spalle e a rientrare in Italia. La situazione che trova nel comasco è tremenda. Teresio non può stare con le mani in mano perché il Vangelo lo sprona ad aiutare chi sta peggio. Oltretutto, dopo aver servito la Patria nel glorioso Corpo degli Alpini, non può scrollarsi di dosso le responsabilità che gli sono ormai proprie. Decide, anche se non ne condivide interamente gli ideali, di unirsi alla Resistenza Lombarda: non come guerrigliero arrabbiato ma bensì come cristiano, compiendo una vera e sincera "rivoluzione dell'amore". A differenza dei "compagni" di resistenza, Teresio non commette omicidi, non tortura e non stupra. La sua azione di resistenza è fondata sul principio di "ribellione per amore" che deve portare alla crescita spirituale, all'amore fraterno ed alla sussidiarietà in favore di chi è più sfortunato. Tutte le persone che hanno la fortuna di incontrarlo vengono raggiunte da questi insegnamenti ma Teresio non si accontenta di raggiungere una manciata di persone. Pur sapendo a cosa va incontro fonda, con altri temerari, il giornale clandestino "Il Ribelle" che - ben presto - arriva nelle mani dei gerarchi nazisti presenti sul territorio italiano. Questi non tollerano che qualcuno possa parlare di rivoluzioni e ribellioni fondate sull'insegnamento di Cristo. L'Alpino Olivelli viene immediatamente inserito fra gli esponenti pericolosi per il Reich con l'accusa di essere un "esponente cattolico ambrosiano".
Il 27 aprile 1944 Teresio Olivelli viene arrestato a Milano e - senza esser sottoposto a regolare processo - viene deportato al Campo di Concentramento di Fossoli prima e di Hersbruck, in Germania, poi. In quest'ultimo Campo di Concentramento Olivelli viene barbaramente ucciso il 17 gennaio 1945 da un branco di gerarchi nazisti che non accettano il suo atteggiamento di "buon samaritano" verso i gli altri internati. Teresio, infatti, difende i compagni maltrattati, aiuta quanti non riescono a portare a termine le fatiche e crea momenti clandestini di preghiera nelle baracche.
Dopo l'uccisione i gerarchi non perdono tempo e gettano il corpo di Teresio Olivelli in un forno crematorio.
La Chiesa Cattolica, il 3 febbraio 2018 beatifica l'Alpino Teresio Olivelli per esser stato ammazzato in odio alla fede.
Carissimi, come sapete il mondo partigiano non mi rappresenta e non gode della mia stima. Il 25 aprile non festeggio perché non credo ci sia nulla da festeggiare ma dinanzi alla storia di un uomo grande e corretto come il Beato Teresio Olivelli mi tolgo il cappello e abbasso lo sguardo.
I partigiani continuano a non rappresentarmi ma le singole persone, quelle che hanno fatto il loro dovere di Italiani e di Cristiani, hanno tutto il mio rispetto e la mia venerazione.
Grazie ancora di cuore per il grande seguito che date a questo mio blog. Siete stupendi.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

martedì 12 novembre 2019

Un Parà al comando dell'Accademia Militare di Modena: il Generale Rodolfo Sganga

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", molti di voi in questi giorni mi hanno chiesto che cos'è la Missione UNIFIL e in cosa consiste. Avrei potuto copiare ed incollare ciò che dice Wikipedia ma ho deciso di rispondervi con le parole di uno dei più grandi militari che il nostro Paese ha oggi in servizio: il Generale Rodolfo Sganga, già Comandante della Brigata Paracadutisti Folgore ed attuale Comandante dell'Accademia Militare di Modena.
Nel 2017 il Generale Sganga era Comandante del contingente italiano in Libano nell'ambito della Missione UNIFIL. E, quando gli veniva chiesto che cosa fosse UNIFIL, rispondeva: "UNIFIL è la missione che si è schierata nel Sud del Libano a seguito della Risoluzione dell'ONU 17/01/2006 con il compito di monitorare la cessazione delle ostilità, supportare le Forze Armate libanesi e supportare la popolazione locale. L'Italia gioca un ruolo di primo piano nell'ambito della Missione UNIFIL. Basti pensare che dal 2006 ad oggi abbiamo avuto tre generali italiani che hanno ricoperto l'incarico di Force Commander, quindi di Capo di tutta la Missione. L'Italia fornisce un contingente che è certamente uno dei più numerosi dei 41 Paesi contributori alla Missione di UNIFIL e assume la responsabilità del Settore Ovest che oggi è alle mie dipendenze, sotto il mio comando. Inoltre investe in termini di budget un notevole quantitativo di denaro per supportare la popolazione locale attraverso dei progetti che sono finalizzati a migliorare le condizioni di vita della popolazione stessa. Come Esercito Italiano svolgiamo tutta una serie di attività che sono rivolte a fornire sicurezza nei confronti della popolazione locale, a supportare le Forze Armate libanesi nello svolgimento dei loro compiti istituzionali ed è comunque un successo nei confronti della popolazione locale che non viene dal caso. Noi Italiani abbiamo questa capacità particolare di empatia nei confronti di altre popolazioni che sicuramente ci rende più idonei di altri a connetterci con la popolazione locale. Però questo successo è dato anche da una grossissima attività di addestramento che viene fatto al personale a premessa dell'immissione in teatro operativo e che consente di valorizzare questa capacità di empatia e ci permette di connetterci con la popolazione locale in maniera estremamente efficace. Inoltre, ho avuto modo di incontrare i leader religiosi delle principali confessioni e tutti hanno un'unica visione che è quella che la religione deve mirare alla pace per i popoli". (Marco Petrelli, intervista al Generale Rodolfo Sganga, Comandante del Force Lebanon Commander, Shama, Libano, 26 dicembre 2017)
Il 13 settembre 2019, il Generale Rodolfo Sganga ha ricevuto la Bandiera d'Istituto dell'Accademia Militare di Modena divenendone ufficialmente il Comandante. Intervistato dalla "Gazzetta di Modena" ha detto: "Torno a Modena con il sentimento di un ragazzino che torna a casa sua dopo un lungo periodo di assenza. Io sono stato qui da Allievo, sono stato qui dieci anni più tardi da Comandante di Compagnia e adesso ci torno da Comandante dell'Accademia. Io, come tutti gli Ufficiali dell'Esercito Italiano, ho partecipato a numerose missioni all'estero, in vari teatri operativi, e poi dal 2014 al 2017 sono stato Addetto Militare presso l'Ambasciata Italiana a Washington D.C.
Colgo dal mio predecessore un'eredità importante ed intendo proseguire seguendo la continuità assoluta in tutte le iniziative così come impostate dal Generale Stefano Mannino".
Carissimi, dinanzi ad Ufficiali di questo calibro, in presenza di Comandanti di questa levatura, non si può che battere il tacco ed abbassare lo guardo. L'Italia è una Nazione grande e gloriosa non tanto per i bei monumenti e le opere d'arte ma soprattutto per uomini come il Generale Sganga che, ogni giorno, spendono la loro vita in funzione di un bene supremo: l'Amor di Patria.
L'Accademia Militare di Modena e gli Allievi Ufficiali hanno l'onore ed il privilegio di poter apprendere dal Generale Sganga la difficile arte del soldato che è fatta di sudore, sacrificio, impegno, dimenticanza di sé, e molte traversie. Al Comandante ed ai suoi allievi giunga il nostro più affettuoso ed accorato "in bocca al lupo" per il tempo che trascorreranno assieme fra formazione e servizio.
Una Acies!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

venerdì 8 novembre 2019

"Cuore Alpino" omaggia i Vigili del Fuoco

Carissimi Vigili del Fuoco,
questa lettera vuol essere un segno di affetto e di sincera vicinanza al Vostro Corpo Nazionale nel giorno in cui l’Italia tutta ha dato l’ultimo ed estremo saluto a Marco, Matteo e Antonino.
Quando succedono cose così non ci sono parole che abbiano un senso. Nei nostri cuori alberga un misto di sensazioni che vanno dal dolore alla rabbia, dallo sconforto al senso di oblio. Tutti i Vigili del Fuoco che hanno prestato servizio assieme ai tre Caduti sicuramente oggi hanno una sola domanda: “Perché?”.
Come migliaia di Italiani, questa mattina, ho seguito i Funerali di Stato in diretta su RaiUno perché desideravo mettere il mio “cuore alpino” accanto a quello di tutti Voi eroi con il caschetto che, per l’ennesima volta, avete dovuto dare il congedo obbligato a dei vostri fratelli.
Il Vescovo di Alessandria, nella sua breve ma intensa omelia, ha voluto ricordare che “la vita non è tolta ma è trasformata”. Voi Vigili del Fuoco lo sapete bene ed infatti vivete ogni attimo del servizio come se fosse il primo ma, al contempo, anche l’ultimo. Voi Vigili del Fuoco sapete che quando uscite dalla porta di casa vostra potreste non più farvi ritorno. La vita del Pompiere è questa e – permettetemi – è innestata pienamente nel passo evangelico nel quale Gesù dice: “non c’è Amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. (Giovanni 15:13)
In questi giorni ho visto sui social network un grande ed unanime cordone di ammirazione ed affetto verso i vostri Caduti ma soprattutto verso il vostro Corpo Nazionale. Gli Italiani vi vedono come amici e vi vedono così in virtù della vostra abnegazione e del vostro altruismo.
In questo giorno di dolore e di mestizia per tutti gli appartenenti al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ho perciò ritenuto dovuto e doveroso venire presso il Comando Provinciale di Cuneo (quello a me più vicino) per esprimervi di persona e con sincerità ciò che gli Italiani pensano di voi.
Voi siete gli angeli che tutti noi vogliamo avere vicino quando le fiamme devastano lo nostre case, quando le acque spazzano via le nostre certezze e le nostre fatiche, quando i venti abbattono gli alberi sulle nostre vite e sulle nostre strade, quando scompare qualcuno a cui teniamo e abbiamo bisogno che venga ritrovato.
Voi non siete Italiani come gli altri, voi non siete semplici Servitori dello Stato. Voi siete un barlume di speranza in un Paese ammantato da una nera coltre di indifferenza, egoismo e individualismo. Voi siete una brezza fresca e leggera in un Paese che ha il puzzo dell’opportunismo e del guadagno facile. Voi siete acqua sorgiva in un Paese paludoso fatto di scappatoie e sotterfugi.
Oggi l’Italia tutta ha pianto e si è straziata per questo. Il nostro Tricolore si è sbiadito un poco perché ha perso tre dei suoi figli migliori: Marco, Matteo e Antonino!
Con il cuore in mano, e con la sicura consapevolezza che Santa Barbara stamane era con voi nel portare a spalle i tre feretri, vi abbraccio con sincero affetto e vi dico l’unica parola che ha senso in un momento così ignobile e privo di qualunque logica: GRAZIE!
A nome e per conto della comunità dal “Cuore Alpino”,
Elia

mercoledì 6 novembre 2019

Il Caporal Maggiore Scelto Paolo Pascali riceve la Medaglia d'Oro per le "Vittime del Terrorismo"

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", il 14 aprile 2013 il quotidiano on-line "Lecce Prima" titola: "Afghanistan, feriti lievi in un attentato due militari: uno è un salentino 29enne".
Il salentino di cui l'articolo parla è il Caporal Maggiore Paolo Pascali, nativo di Caprarica di Lecce, in forza presso Barletta all'82 Reggimento Fanteria "Torino" della Brigata Corazzata "Pinerolo".
Sono le 9:30 del mattino, siamo ad Awkalan (Afghanistan). I militari italiani sono impegnati nella quotidiana attività di "Village Assessment" che consiste nella presa di contatto con i leader del villaggio e di ricognizione dei bisogni della cittadinanza. Si trovano sul loro Lince quando vengono investiti dall'esplosione di un ordigno improvvisato. Sono attimi di terrore. Sono attimi di triste consapevolezza. Ma, grazie a Dio, l'epilogo non è poi così tragico. I due soldati più danneggiati dall'esplosione riportano "solo" delle ferite e vengono prontamente trasportati all'Ospedale Militare da Campo di Shindad.
L'attentato puzza di vendetta visto che - proprio i militari del Contingente Italiano - alcuni giorni prima hanno inaugurato un pozzo d'acqua in grado di fornire acqua potabile alle oltre 700 famiglie del villaggio di Mogholam Kohen. Ovviamente i talebani sono infastiditi da questi fatti ed allora sfogano la loro frustrazione e la loro idiozia su chi il bene lo compie senza aspettarsi nulla in cambio.
Ma perché vi racconto questa vicenda proprio oggi?
Ho deciso di raccontarvi la storia di Paolo Pascali perché il 4 novembre scorso presso la Prefettura di Lecce la dottoressa Maria Teresa Cucinotta, Prefetto di Lecce, per conto del Presidente della Repubblica ha consegnato la Medaglia d'Oro per le "Vittime del Terrorismo" al Caporal Maggiore Scelto Paolo Pascali.
Nel giorno in cui l'Italia celebra la Giornata delle Forze Armate il Presidente della Repubblica ha voluto onorare e "medagliare" un valido soldato che, con la sue eroica tempra, continua - nonostante quel 14 aprile - a servire la Patria nell'82 Reggimento Fanteria "Torino".
Il Caporal Maggiore Scelto Pascali vive per la Patria, lotta coi ricordi, onora il Tricolore "evidenziando il coraggio ed il senso del dovere che caratterizzano i soldati dell’Esercito Italiano e, più in generale, gli appartenenti a tutte le Forze Armate". (Fonte: Lecce Sette)
Queste sono le persone che la nostra Nazione deve portare come esempio alle giovani generazioni perché insegnare il valore dell'onore vale più di un problema di trigonometria o delle capitali imparate a memoria.
Come cittadino impegnato da anni sul fronte della memoria storica sento il dovere e la responsabilità di raccontare queste storie sul mio Blog. Nonostante mi sia sentito affibbiare il titolo di "signor nessuno" non mollerò ma, semplicemente, eviterò di condividere i miei scritti e le mie riflessioni con chi considera "nessuno" chi si spende per la memoria gratuitamente e senza tornaconto.
Grazie a tutti voi per l'attenzione e il sincero seguito.
Andrea Elia Rovera
Responsabile per la Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella

venerdì 1 novembre 2019

Il luminoso pensiero del Parà Santo Pelliccia

Carissimi amici dal "Cuore Alpino", per la prima volta dalla fondazione di questo mio Blog porto alla vostra attenzione le parole di un grande soldato della Brigata Paracadutisti "Folgore" che poche settimane fa ci ha lasciati per compiere l'ultimo lancio. Sto parlando di Santo Pelliccia, glorioso sopravvissuto della Battaglia di El Alamein.
Il 15 giugno 2014, un gruppo di congedati della Brigata "Folgore", riunito per il XIII Raduno della Compagnia Paracadutisti "Condor", ha fatto una breve intervista al leone della "Folgore" Santo Pelliccia. Vi riporto alcuni suoi pensieri ed alcune sue considerazioni:
"Noi avevamo un addestramento tale - e una selezione innanzitutto - che ci consentiva di superare tutte le difficoltà tranquillamente. Noi non abbiamo mai avuto una lamentela. Nessuno si è mai lamentato di qualche cosa. Quello che nessuno ha mai spiegato ai Paracadutisti è che le flessioni che si fanno non sono semplice ginnastica ma un omaggio al nostro modo di atterrare. Io dovevo essere Sergente Maggiore ma sono rimasto Paracadutista perché non me ne fregava nulla dei gradi. Gli inglesi, quando videro che non riuscivano a spuntarla in alcun modo, crearono i Reparti anti-Folgore. La storia di El Alamein non la conosce quasi nessuno perché fino al '43 è stata soffocata completamente. Ci rispettano più all'estero che in Italia. 
I giovani di oggi non hanno valori, crescono nel nulla. La morale è scomparsa volutamente. Ai nostri giovani è stato tolto tutto. Come diceva un vecchio re napoletano: "Più è ignorante il popolo, più sono intelligente io". Oggi c'è la caccia all'impiego perché hanno abituato i giovani ad avere tutto comodamente; il sacrificio non esiste. La società è distrutta. Una società senza valori è distrutta, è finita!
Riguardo i Marò posso dire che all'estero stiamo facendo la figura delle pecore, incapaci di difendere i diritti dei propri cittadini. I nostri governanti hanno dimostrato di non essere dei politici ma dei politicanti perché se no quei due ragazzi sarebbero tornati subito in Italia. Abbiamo dimostrato ancora una volta che non contiamo nulla e invece i Marò stanno subendo il mercimonio dei politici che pensano solo a ricavarne qualche utilità personale e non per la Nazione. Sono vittime del fatto che non abbiamo mai avuto un Governo serio italiano. Il Popolo giovane del dopo Guerra ha perso i valori di Dio, Patria, Famiglia. Ci si augura che arrivino politici che siano politici e non politicanti. Noi della Folgore nel 1942 facemmo una prova dello sbarco su Malta con quelli del Battaglione "San Marco" e quindi conosco personalmente i Marò. Sono un modesto rappresentante di quei ragazzi che in Africa hanno dimostrato ancora una volta che l'Italiano è superiore agli altri e a questi due ragazzi dico solo una parola: "Grazie". Abbiamo un Governo di pagliacci, non di politici". (Giuliano Tristo, "Addio al Paracadutista di El Alamein Santo Pelliccia, intervista SENZA CENSURA")
Queste parole sono dure come macigni ma vere com'è vero che la terra ruota attorno al sole. Fare memoria di questi pensieri e riflettere su ciò che è stata la storia d'Italia è necessario e fondamentale. Tra pochi giorni ci troveremo a celebrare la Giornata delle Forze Armate e il mio personale ricordo andrà proprio a Santo Pelliccia, vero figlio del Tricolore ed autentico testimone dell'onore dei Parà.
Spero questo mio breve - ma contenutisticamente spesso - post possa esservi d'aiuto per vivere al meglio e con il giusto spirito la giornata del 4 novembre.
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella