Carissimi amici dal "Cuore Alpino", per la prima volta da quando il Blog è nato vi riporto la riflessione di un santo Sacerdote che voluto scrivere un'ode ai nostri giovani militari italiani.
Padre Vito, questo il suo nome, scrive: "Per guadagnarsi da vivere si deve essere disposti a lavori pesanti. A volte, per di più, si lavora a rischio della propria vita. E' la condizione di tanti, anche se non di tutti. Tra i lavori più rischiosi c'è quello del militare, che deve impugnare le armi e difendere con queste la vita degli altri, a rischio della propria. Li vediamo spesso, specialmente in città. Dedichiamogli la necessaria attenzione mente sono vivi. Meritano ben di più di un minuto di silenzio - doveroso! - in caso di morte sul posto di servizio.
Difendono i fedeli che si recano nei luoghi di culto più importanti. In effetti non difendono Dio, che non ne ha bisogno, ma il papa, i cardinali, i vescovi, i preti, le suore, i fedeli, i visitatori provenienti da tutto il mondo. Che bello, tutti questi possono pregare tranquilli, perché c'è chi vigila, rischiando al posto loro. C'è una postazione anche a difesa della Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma. Un giorno, passando, non vedevo i due militari che solitamente sono di guardia vicino all'ingresso, a fianco alla loro camionetta. Li trovo, fatti pochi passi, all'ombra dell'obelisco! Ci siamo fatti una bella chiacchierata all'ombra, ringraziando... chi l'aveva commissionato in Egitto millenni or sono, chi l'aveva scolpito e istoriato, e chi l'aveva collocato proprio lì, ai tempi di Costantino, per... proteggere dall'insolazione quel giovane soldato e quella gentile soldatessa.
Difendono i passanti nei luoghi di traffico affollato. Prime fra tutte le stazioni della metropolitana. Il pensiero di trovarsi coinvolti, sottoterra, in un tunnel buio e stretto, su un treno devastato da un'esplosione fa rabbrividire. Speriamo che questi bravi militari aiutati dalle telecamere, dagli addetti ai controlli, sappiano individuare le facce sospette, i bagagli insoliti.
Difendono le case di rappresentanze importanti. Niente mi muove a criticare loro, perché si tratta, per esempio di ambasciatori di altri stati esposti a rischi. Tuttavia, in alcuni casi, i soldati di guardia, a rischio della vita, difendono una casa vuota. Mi è successo, di ritorno da una breve passeggiata serale. Di solito mi fermo e, se non c'è traffico in quel momento, scambiamo qualche parola con i due militari. Giorni fa mi è venuto spontaneo chiedere: "Sapete se in casa c'è qualcuno?". La risposta è stata: "No". Sono rimasto stupito, pensavo che avrebbero diritto di sapere se stanno difendendo persone oppure cose. Due giovani erano lì per ore e ore, sotto un sole cocente, con la divisa imbottita, imbracciando un fucile molto pesante, in una strada stretta, percorsa a notevole velocità da mezzi rumorosi e puzzolenti. E questo per... nulla! Mi hanno fatto una grande pena, accompagnata da un sentimento di disapprovazione. Rosmini chiama questo con un termine preciso: "risentimento giuridico". E' ciò che si prova davanti ad una imposizione che schiaccia e viola la persona e la sua dignità. E' proporzionato alla stima della dignità intrinseca da riconoscere a quelle persone. E' da "rigettare la deformità morale che accompagna quella violazione". Egli auspica "maggiore rispetto, minore violazione di tutti i diritti".
Anni addietro la parrocchia affidata ai rosminiani in Sicilia aveva una colonia al mare, prefabbricata. Da settembre a giugno non veniva utilizzata. Un caro anziano della borgata, che abitava proprio nei pressi, si era incaricato di custodirla, dietro un modesto compenso. Una volta mi chiese se, in caso che notasse dei ladri, era opportuno che egli difendesse la colonia sparando col suo fucile da caccia. Lo guardai e gli dissi: "Ma davvero credi che i letti, i materassi, i tavoli e le sedie, i piatti e le pentole che abbiamo qui valgano più della tua vita o della vita di un'altra persona?". (Padre Vito Nardin, Preposito Generale dell'Istituto della Carità (Rosminiani), su "Charitas - Bollettino Rosminiano", Anno XCIII n. 8-9 - agosto - settembre 2019)
Ho voluto dare eco ed enfasi a questo scritto perché quando l'ho letto mi ha creato una grande emozione. Nelle parole di Padre Vito, con il quale ho avuto il piacere di vivere per un anno al Sacro Monte Calvario di Domodossola, ho ravvisato l'amore ed il rispetto che moltissimi Cittadini hanno nei confronti dei giovani soldati impegnati nell'Operazione "Strade Sicure". Purtroppo sono poche le persone che hanno il coraggio di fermarsi a riflettere sul servizio che questi giovani svolgono a tutela della collettività. Ancora meno sono quelli che, quando li incontrano, perdono qualche momento per un saluto e un sorriso. Questo mi addolora molto perché oggi la riconoscenza sembra divenuta un optional. Sempre più "italioti" hanno il coraggio di dire: "Quando si arruolano sanno a che rischi vanno incontro". Come se uno che fa il falegname sa che potrebbe portarsi via la mano con una sega circolare. Che ragionamenti del ...!
Carissimi, ormai sono anni che mi occupo del Caduto Langella e che racconto le storie di chi, quotidianamente, indossando un'uniforme, spende la sua vita per la nostra incolumità. Da quando ho iniziato ho conosciuto tante brave persone, tanti amministratori locali sensibili e tanti cittadini coscienti. Ma, ahimé, com'è inevitabile, ho incontrato tanti personaggetti che si atteggiano a Capi di Stato Maggiore non essendolo manco alla lontana. Ho conosciuto persone becere e arroganti. Ho avuto a che fare con persone maleducate e supponenti. Risultato? Non ho mai smesso, non mi sono mai arreso e non gliel'ho mai data vinta. Sapete perché? Perché sento di avere un senso di responsabilità verso tutti voi miei lettori ma, soprattutto verso quei ragazzi e quelle ragazze che - anziché stare al sollazzo o sul divano col Reddito di Cittadinanza - donano la loro vita allo Stato per la difesa della Patria e delle Libere Istituzioni.
Senza di voi, dunque, tutto questo non sarebbe possibile ed una sola cosa posso dirvi: Grazie. Grazie di esistere. Grazie per il vostro seguito. Grazie per il vostro affetto. Ad majora!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella
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