Carissimi amici dal "Cuore Alpino", in questo mese di ottobre - nel quale ricorre la festa della Brigata Paracadutisti "Folgore" - ho deciso di dedicare i post domenicali ai Parà ed alla loro storia. Per via della pandemia da Covid-19 in questo 2020 non si potrà celebrare la solita solenne festa della Brigata con la presenza di pubblico ed allora, seppur in modo molto umile, ho deciso di onorare la Brigata con una serie di scritti dedicati alla loro storia gloriosa ed impareggiabile.
Il 23 ottobre 1942, alle ore 20:45, ebbe inizio la terza ed ultima Battaglia di El Alamein; una delle battaglie più importanti, e sicuramente determinanti, dell'esito finale del secondo conflitto mondiale. Quando parliamo di quegli eventi dobbiamo dire con convinzione che "non fu mai sollevato un drappo bianco in segno di resa, né un solo paracadutista alzò le braccia di fronte al nemico. La stessa B.B.C. citò testualmente che i resti di quella che era la Divisione "Folgore" furono raccolti esanimi sul terreno". (Presidente A.N.P.d'I., Sezione Caserta, 09 ottobre 2012)
E, parlando ad una scolaresca attenta e commossa, il grande Santo Pelliccia disse: "Il Primo Ministro inglese; Winston Churchill, al termine della battaglia, nell'annunciarne la fine alla Camera dei Comuni, disse: Bisogna davvero inchinarsi dinanzi ai resti di quelli che furono i Leoni della Folgore". (Santo Pelliccia, 70 anniversario della Battaglia di El Alamein, 09 ottobre 2012, Maddaloni, Caserta)
La "Folgore" è questo. Coraggio, onore, impegno, abnegazione, solerzia, operosità, determinazione, perseveranza… Come dice spesso il Tenente Colonnello Gianfranco Paglia, Medaglia d'Oro al Valor Militare: "Qualsiasi meta un individuo possa prefissarsi l'importante sarà crederci, provarci fino alla fine, indipendentemente dal risultato finale. Questo, a mio avviso, può fare la differenza e rendere grandi gli Italiani". Nessuna parola potrebbe essere aggiunta. In "Folgore" si insegna ai Parà che non è importante fare chissà cosa ma far bene ciò che viene comandato di fare. Tra i Parà tanto è importante "Aquila 1" quanto un ripiegatore di paracadute; nella Brigata non ci sono militari di seria a e militari di serie b. In Brigata ci sono solo continuatori della grande storia dei Leoni, degli Arditi e di quanti hanno versato il Sangue per la Patria.
Queste non sono parole di circostanza ma la pura e semplice essenza di ciò che significa essere un Parà, di ciò che significa appartenere alla "Folgore". I militari della "Folgore" - dal Comandante della Brigata al Caporale della porta carraia - hanno ben chiaro il loro ruolo all'interno della Forza Armata e hanno ben presente che - nonostante abbiano mogli, madri, figli, fratelli e sorelle - il loro cuore appartiene alla Bandiera. Per far ben capire questo concetto mi affido alle parole luminose e lungimiranti di un militare, un ufficiale, un eroe dall'animo lindo, lo sguardo fulgido e il cuore impavido: il Generale Rodolfo Sganga: "Le Bandiere di Guerra sono il simbolo della nostra storia, delle nostre tradizioni, dei nostri valori; sono il simbolo di tutto ciò in cui noi crediamo. Specialmente oggi, in questo momento storico, di valori che si modificano; qualcuno direbbe: "si modernizzano". Il Tricolore continua a darci la direzione e la bussola. La Bandiera di Guerra è l'identità del Reggimento, è l'identità di ognuno di noi che facciamo parte di quel Reggimento, è il simbolo attorno al quale stringersi "per fare quadrato", per rammentare la nostra storia e tutti coloro che ci hanno preceduto, che fanno parte di questa storia. La Bandiera è la "grande signora" che ogni comandante deve servire e a alla quale deve ispirarsi in ogni momento in cui è richiesta una decisione; è la stella polare del comando. Questa è la ragione per cui meglio morti in combattimento che privati della propria Bandiera. Nel momento esaltante dell'aviolancio, oggi come ieri, rendiamo omaggio ai nostri valori, ai nostri uomini e donne, alle nostre tradizioni, onorando le nostre meravigliose Bandiere di Guerra. Viva la Brigata Paracadutisti Folgore!". (Generale di Brigata Rodolfo Sganga, discorso al 75esimo Anniversario della Battaglia di El Alamein)Carissimi, a conclusione di questo Post, voglio ringraziare tutti quelli che fra voi mi seguono con affetto, stima ed interesse. Io scrivo ciò in cui credo e cerco di narrare le cose da un punto di vista concreto, "terra terra". Non sono un giornalista e quindi non mi compete la cronaca. Non sono un militare e quindi posso permettermi "il lusso" di dire ciò che penso senza paura di incappare in scivoloni istituzionali. Non sono un politico e quindi sono libero di poter esprimere i miei pensieri senza dover sottostare al fastidioso "politicamente corretto".
Scrivo delle Forze Armate senza averne fatto parte, lo faccio in modo sommesso, in punta di piedi, con religioso rispetto. Quando scrivo questi Post li leggo e rileggo mille volte prima di pubblicarli perché desidero suscitare nei miei lettori un senso di appartenenza, di stima e di commozione. Appartenenza? Sì, appartenenza perché noi Italiani siamo pezzetti di Tricolore e i soldati in servizio sull'uniforme hanno lo scudetto tricolore cucito sul braccio. In un certo qual modo, dunque, ciascuno di noi è appartenente alla Forza Armata non come unità in servizio ma come realtà inscindibile ed imprescindibile dal cuore del soldato che ha giurato di servire la Patria.
Nelle prossime settimane, a Dio piacendo, vi narrerò ancora qualche cosa che riguarda la "Folgore" per celebrare - almeno in modo virtuale - le sue innumerevoli gesta eroiche.
Viva l'Italia, viva l'Esercito, viva la Folgore!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica del CMCS degli Alpini Giorgio Langella
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