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venerdì 30 giugno 2017

Colonnello Carlo Calcagni, luminoso esempio per la Patria

Carissimi, quest'oggi ho deciso di scrivervi per raccontarvi le gesta di un eroe italiano che, purtroppo, in pochi conoscono. Il suo nome è Carlo Calcagni, Colonnello del Ruolo d'Onore dell'Esercito Italiano, pilota ed istruttore di elicotteri militari, impiegato più volte in Missioni Internazionali Nato.
Nel 1996 l'Esercito ha impiegato il Colonnello Calcagni in una missione nei Balcani. Lì, a causa dell'inalazione di polveri cariche di metalli pesanti, il nostro Ufficiale è stato contaminato e ha subito gravi danni a gli organi, ai tessuti ed al sistema neurologico.
La sua "ancora di salvataggio" è stata l'attività sportiva legata ad una solida forza di volontà. Il Colonnello Calcagni, infatti, sin da bambino si è applicato in vari sport riuscendovi sempre in modo egregio. In modo particolare ha praticato le arti marziali, l'atletica e il pentathlon militare per poi approdare al ciclismo con il quale ha vinto numerosi titoli da campione italiano e tre titoli da campione del mondo. Ha sempre curato l'alimentazione, la preparazione atletica e il viver sano. La sua malattia gli ha reso difficilissimo vivere la sua dimensione atletica. Pensate che nella quotidianità del Colonnello Calcagni ci sono numerosi momenti della giornata dedicati alle cure farmacologiche. Perfino la notte, durante il sonno, egli deve dormire attaccato ad un ventilatore polmonare con ossigeno per permettere ai polmoni di svolgere le normali funzioni vitali.
Qualche anno fa, su consiglio di un medico italiano, Carlo Calcagni si è recato nel Regno Unito per sottoporsi ad importanti cure e per un difficilissimo intervento chirurgico al Breakspear Medical. Quando arrivò era in condizioni molto critiche in quanto attendeva anche un trapianto di midollo allogenico che non arrivava.
Nonostante tutto questo e grazie alle cure del nosocomio inglese, il Colonnello Calcagni ha ripreso a fare attività sportiva nel mondo del Para-ciclismo dove ha ottenuto subito due medaglie d'oro a livello mondiale. La sua nuova "missione" è quella di portare in giro la speranza per chi - come lui - soffre, ha sofferto, e ha dinanzi a sé un futuro di patimenti fisici e morali.
Carlo Calcagni, in più occasioni, ha detto che il ciclismo è la sua forza. Nello sport egli vede la rivincita su una sofferenza che lo costringe a non poter più vivere come un tempo ma che gli dà la possibilità di avvicinare persone ammalate, sofferenti, depresse e con poca voglia di lottare.
Il militare è un uomo che dedica la sua vita alla salvaguardia della nazione alla quale appartiene e che non ci pensa due volte a mettere a repentaglio la propria vita per garantire l'incolumità di quella del popolo che egli rappresenta.
Il Colonnello Calcagni ha sempre onorato questa dimensione della sua professione e, oggi più di ieri, la vive costantemente non solo quale soldato ma anche e soprattutto quale uomo che, per forza di cose, deve sottostare "agli ordini" del suo corpo che richiede spesso cure ed attenzioni.
Quando Carlo Calcagni sale in sella alla sua bicicletta cerca di coinvolgere tutte quelle persone che hanno contratto malattie altamente invalidanti. Con le sue pedalate cerca di dimostrare che l'invalidità non può essere un freno a mano che blocca la vita di un individuo.
Tutti i giornalisti, gli sportivi, e i tifosi che lo hanno seguito ed incontrato hanno notato che Carlo Calcagni è un uomo di grande altruismo che cerca di stare vicino a tutti quelli che sono nella sofferenza e nel disagio dovuti alla malattia.
Personalmente non ho mai incontrato il Colonnello Calagni ma lo seguo sui social network ed ogni volta che lo sento parlare mi emoziono e mi onoro di essere compatriota di un simile italiano. Il Colonnello non perde tempo a lamentarsi delle medicine che deve prendere, delle ore che deve trascorrere nella camera iperbarica o del respiratore che lo accompagna fedelmente tutte le notti; egli spende il suo tempo a gioire per il fatto di essere ancora vivo e a trasmettere a chi lo circonda la voglia di vivere sempre, comunque ed ovunque.
L'uranio impoverito ha mietuto decine di vittime a causa delle bombe e delle munizioni utilizzate in quei luoghi ma col Colonnello Calcagni ha perso! Il Colonnello affronta ogni giorno la sua battaglia personale per vivere ma non dimentica mai i suoi colleghi che non ci sono più. Proprio per loro egli si allena, getta sudore, si sacrifica e vince gare. Lui lotta, gareggia e vince per tutti quelli che non ci sono più perché se si parla di lui si parla dell'uranio e se si parla dell'uranio si parla delle vittime che esso ha mietuto.
Far calare il sipario sulle vittime dell'uranio impoverito sarebbe tragico e vergognoso ma grazie a uomini come il Colonnello Carlo Calcagni questo non accadrà mai.
Carissimi, nello scusarmi per esser stato così prolisso, vi chiedo di continuare ad informarvi su queste tematiche perché lo dobbiamo a tutti quegli uomini in mimetica che - per amor nostro - hanno contratto gravi malattie neurodegenerative derivanti dall'uranio impoverito.
Prima di congedarmi desidero lasciarvi un pensiero che il Colonnello Calcagni ha affidato al microfono della giornalista Giorgia Pizziali di Ability Channel: "Spesso succede che la nostra invalidità viene vista in modo strano... molti vorrebbero vederti moribondo, sofferente, in un letto. E questo è brutto. A me è stato vietato anche dai medici di fare attività sportiva ma io - anche contro il loro parere - sono andato avanti per la mia strada e oggi me ne danno tutti atto e ragione. Evidentemente era la strada giusta da percorrere".
Viva l'Italia, viva l'Esercito Italiano ma, soprattutto, Onore al Colonnello Carlo Calcagni!
Andrea Elia Rovera
Responsabile della Memoria Storica
del CMCS degli Alpini Giorgio Langella






1 commento:

  1. Grazie della bella testimonianza. Mio figlio è tornato dalla missione in Afganistan, con la Sclerosi Multipla, grazie alle innovative terapie sta bene, eppure la famiglia dell'esercito, non lo riprende a lavorare. Aveva 16 anni che mi ha chiesto di firmare per entrare nelle forze armate, ha 35, e non vuole arrendersi nemmeno lui. Eppure, la grande amarezza che ho, è vedere che mio figlio ora è stato lasciato solo proprio da quella grande famiglia che l'aveva adottato a 17 anni. Mi auguro di cuore che anche lui come il Colonnello Carlo Calcagni, possa dimostrare che nessuna malattia può fermare la volontà di un uomo.

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